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Il fascino delle gare degli anni '70

La corse di una volta oggi ci sembrano più vere, più affascinanti. Ma cos'è, la nostalgia? Il fascino del rischio? La semplicità della tecnologia? La mancanza dell'elettronica? Un ingegnere ci svela com'erano fatte le F1 di quegli anni: da paura

Il fascino delle gare degli anni '70

e Umberto Niola

 

Se siete qui e leggete articoli come questo vuol dire che siete appassionati di motori. Motori vuol dire tutto, ma soprattutto gare. Anche se la nostra - almeno la mia - preferenza va alla pista, siamo irresistibilmente attratti da tutte le gare: in salita, di accelerazione, in off-road, nel deserto... E siamo irresistibilmente attratti anche dalle auto, dagli aerei, dai cinquantini scassati... Insomma, dove c'è un motore a scoppio noi siamo lì, con gli occhi incollati allo spettacolo. E quando si parla delle gare degli anni '60-'70, l'emozione allora sale al massimo. E chissà perché.

 

SIETE ANDATI AL CINEMA?

Visto che siamo irrimediabilmente malati di motori sicuramente siete andati al cinema a vedere Rush. Se non lo avete fatto, andateci. La cosa che mi ha travolto di quel film non è tanto la storia, che comunque è notevole, ma il modo da brivido in cui Ron Howard la racconta. I primi piani dei motori dell'epoca fanno girare la testa, tra i suoni, le fiammate, le vibrazioni, gli iniettori che sputano benzina nei cilindri. Insomma gli ingredienti per farci venire i capelli dritti ci sono tutti. La cosa strana è che mi hanno colpito i dettagli. Per esempio i caschi di allora, delle pentole tagliate col seghetto e con un pezzo di plexiglas piegato a mo' di visiera fermato alla meglio da due bottoni automatici. Sai gli spifferi. E l'antifog fatto a trapano? Due buchi per evitare la condensa. Mi ha colpito perché si tratta della Formula Uno, non delle garette regionali dove ci si arrangia. Solo un dettaglio, che però fa capire tutto dell'ambiente e della tecnologia di allora. Non sono passati dei secoli, ma se pensate a come siamo messi oggi pare proprio di sì.

 

IL FASCINO DELL'EROE

Poi le auto. I CV, si parla di 450, erano pochini rispetto ciò che c'è oggi, ma le riprese mostrano delle auto grezze e terrificanti, con volanti da kart, tre comandi messi lì per compassione, e poi rumori e vibrazioni che ti spaccavano l'anima. Io non ho mai visto un'attuale Formula Uno da vicino, ma capisco che oggi tutto è più confortevole, sicuro, morbido, elettronico. Ecco perché quelle gare hanno fascino, perché capisci che quei poveri ragazzi erano lanciati a 300 all'ora su delle bombe pronte ad esplodere. E infatti...

Era così anche per le moto, li vedevi quei pazzi degli anni '50 piegati ai duecento su quelle gommine che oggi non le trovi manco sulle bici, con le scodelle con gli occhialoni e a viso scoperto. Così anche sotto la pioggia. Siete mai andati sotto la pioggia col casco aperto a 70 km/h? Delle insopportabili frecciate in faccia. Non oso pensare cosa succede ai duecento. Allora è questo che rende quelle gare affascinanti. Perché allora per correre dovevi per forza essere un eroe.

 

LA BALLA DELL'ELETTRONICA

Oggi l'elettronica regola, corregge, ottimizza, salva. Così si dice che oggi tutti (quasi) possono guidare e il pilota conta meno, anzi poco, anzi niente. La verità sta nel mezzo, ma il mito che tutti possono guidare le nuove auto o moto è falsa: un pilota di talento vero ci vuole sempre. È anche vero però che conta meno, perché si capisce che agli albori delle gare era l'uomo che doveva mettere una pezza ai mezzi primordiali che guidava: talento con un pizzico di follia e una buona dose di fortuna. Oggi la tecnica dà una bella mano e le corse del passato non esistono più. Ecco un'altra ragione per cui ci affascinano così tanto.

 

SENTO LA NOSTALGIA DEL PASSATO

Un'altra ragione per cui si è così attratti dalle gare del passato è che non essendoci più diventano automaticamente più interessanti. Ma su questo non ci metterei la mano sul fuoco: siamo sicuri che a causa della tecnologia - in primo piano quel maledetto controllo di trazione - tutto quello che c'è oggi è meno affascinante di quello che c'era prima? Un trailer precedente a Rush si è concluso con questa frase e mi ha fatto pensare: "Erano degli anni felici, ma noi non ce n'eravamo accorti".  

 

CHIEDO AIUTO ALL'INGEGNERE

Questa storia delle Formula Uno del '70 mi ha tanto affascinato che ho chiesto lumi a un ingegnere. Non ho interpellato uno qualunque, ma uno che ha disegnato, costruito e portato in pista monoposto e prototipi di varia stazza, più ha restaurato vecchie auto da competizione. Si chiama Umberto Niola, e oggi è il Prototype Manager alla Pininfarina. Qui meglio sparire: cedo la parola a lui, che ci apre una pagina affascinante sulla Formula Uno degli anni '70.

 

LA F1 ANNI 70: DAL MARTELLO AL COMPUTER

Le vetture da competizione a metà anni '70 nascono nel pieno della transizione dall'empirismo al tecnicismo esasperato; non sono ancora lontani infatti i tempi delle “auto sportive che alla domenica vincono le corse”. E che alla fine anni ’60 scaldano le passioni, le Alfa GTA, le Abarth, le Ferrari GTO. L'aerodinamica da galleria del vento, le gomme in mescola chimica, i materiali compositi e l’elettronica sono ancora di là da venire. Le monoposto, di qualsiasi categoria, condividono la tecnica telaistica. Quelle più tradizionali, ed economiche, hanno il traliccio in tubi d’acciaio chiuso con pannelli di alluminio; le più innovative vantano invece dei monoscocca in alluminio rivettato. Qui gli Inglesi sono maestri e precursori, mentre gli Italiani, Ferrari in primo luogo, sono in ritardo o almeno scettici.

 

LA SICUREZZA? NON IMPORTA

Le vetture sono prive di strutture di assorbimento d’urto; i roll-bar corrispondono a criteri geometrici più che strutturali; ci sono le cinture di sicurezza a 4 punti, che suscitano grosse polemiche per via della difficoltà di sgancio e abbandono della vettura in caso di necessità, fuga dalla macchina ferma in pista, cure mediche, incendio. Quest'ultimo è il pericolo più grave. È favorito dalle grandi quantità di benzina e di olio imbarcate; spesso i serbatoi sono ai lati del posto guida. In caso di incidente è facile che le lamiere del telaio li perforino e le pompe elettriche buttino fuori il resto. Allora bastano le scintille dei rottami sull’asfalto o gli scarichi arroventati a innescare l'incendio. Gli impianti di estinzione a bordo sono ancora embrionali, a polvere, e senza il telecomando.

 

CON LE GAMBE SOSPESE A 300 KM/H

Per motivi di riduzione del passo nella ricerca della maggiore agilità, spesso il posto di guida è avanzato, con la pedaliera a sbalzo, posta davanti all’asse della ruota. Su alcune vetture il posto guida è talmente risicato che gli ammortizzatori anteriori stanno sopra il collo del piede. E a questo si aggiunge anche l'improvvisazione dell’assistenza a bordo pista. Proprio come si vede nel film: se non fosse stato per l'intervento di Merzario, Lauda al Nürburgring sarebbe finito arrosto...

 

L'8 CILINDRI CONTRO I 12

In quegli anni la sfida si svolge tra i collaudati 8 cilindri Cosworth di 3000 cc, ormai giunti al massimo grado di evoluzione e i 12 cilindri Ferrari, Alfa e Matra. I primi pagano qualcosa in termini di potenza assoluta ma sono affidabilissimi e lo sfruttamento è eccellente. Inoltre consumano meno e questo permette di alleggerire il carico di carburante e stressare meno le gomme. Queste conservano la vecchia costruzione a tele incrociate, ancora vantaggiosa per via delle misure ammesse dal regolamento, e ancora non si scostano da un’aderenza a coefficiente 1. Le gare prevedono soste ai box solo in caso di rotture, non sono programmati rifornimenti né cambi di pneumatici, se non in caso di foratura o estremo degrado.

 

CARROZZERIE E ALETTONI FATTI A MANO

L’ aerodinamica è limitata all’aggiunta di alettoni più o meno vistosi e integrati alla carrozzeria, ancora in fibra di vetro. Spesso sono disegnati in modo intuitivo, e le correzioni si fanno in pista, aggiungendo bavette d’alluminio rivettate alla meglio sui bordi d’uscita degli alettoni stessi. Sono dei veri e propri pezzi di bravura fatti di lamierino battuto a mano, molto belli da vedere. Efficaci? Non si sa. Fragili? Sempre, e spesso pericolosi per gli spettatori e i piloti, se ne perdevano un tot a gara.

 

È L'ERA DELLE INVENZIONI

Il '70 è ancora il periodo della ricerca della soluzione mirabolante, vedi i tentativi a trazione integrale, le 4 ruote motrici posteriori della March, le 4 ruotine anteriori sterzanti della Tyrrel 034, le gemellate sperimentate dalla Ferrari... I radiatori non hanno ancora trovato una loro definitiva collocazione, sono installati indifferentemente nei fianchi o nel muso, e la scelta spesso è dovuta più alla vulnerabilità che all’efficacia tecnica. I piloti infatti usano la tecnica della "spintarella" di incoraggiamento al testacoda, molto in voga all’epoca, ancora oggi diffusissima nelle Turismo. Le uniche regolazioni a disposizione del pilota sono le barre antirollio e di bilanciamento dei freni tra anteriore e posteriore, che si usano per compensare l’alleggerimento del serbatoio e il consumo delle gomme. Tutti i motori hanno l'iniezione indiretta meccanica, e cominciano ad apparire i primi serbatoi di sicurezza di gomma di derivazione aeronautica, aborriti dai costruttori inglesi per motivi di costo e di peso.

 

MUSCOLI E CAPACITÀ DI SOPPORTAZIONE

Nel '70 la vicinanza alle vetture sportive stradali è accentuata dall’uso dei freni a disco, ventilati, ma d'acciaio o di ghisa, e dall'assoluta assenza di qualsiasi assistenza alla guida, elettronica o meno: niente sincronizzatori, servofreni o servosterzi. La frizione è quindi granitica, serve solo per la partenza poi si cerca di usarla il meno possibile, anche perché è un attimo bruciarla; i volanti sono di dimensioni adeguate ma lo sterzo è sempre durissimo; le vetture erano spesso roventi, per via delle tubazioni dei radiatori dell'olio e dell'acqua che passano ai lati dell'abitacolo, cucinando le gambe e i fianchi. Il passaggio alle vetture ad effetto suolo, o comunque con alti carichi aerodinamici, sommati all'aderenza dei nuovi pneumatici creerà sollecitazioni fino a 6g di decelerazione in frenata e 4g trasversali: sforzi troppo alti per essere gestiti solo a livello muscolare, a meno di adottare corse di comando esagerate oppure rinunciare alla modulazione. Oltre che roventi le vetture Sport chiuse si riempivano di esalazioni di benzina e gas di scarico: nelle gare di durata avreste dovuto vedere in che stato arrivavano ai box alcuni piloti...

 

PER VINCERE: TALENTO, INCOSCIENZA E ADATTABILITÀ

La guida di una Formula Uno richiede talento, ma in quegli anni l'incoscienza e l'adattabilità sono indispensabili, e costituiscono una buona percentuale della possibilità di vittoria. All’epoca è ancora il pilota che fa la differenza. Con sensibilità, e una certa capacità di improvvisazione, deve interpretare lo stato di salute della meccanica e gestire i consumi (ai tempi capita di vedere le vetture ammutolire per mancanza di benzina), ma è soprattutto grazie a lui che diventano possibili lo sviluppo e la messa a punto della vettura, quindi la scelta dei rapporti, dell'assetto e così via. Manca ancora una pur rudimentale telemetria, e così ci si arrangia: in genere, un altro pilota o un meccanico esperto si apposta nei punti critici della pista per osservare dall’esterno i movimenti e le reazioni della macchina e gli errori della guida.

Oggi, grazie alla tecnologia elettronica, le cose sono cambiate. Attualmente il margine di intervento del pilota si riduce alla capacità di gestire la gara al meglio: deve seguire le indicazioni che arrivano dai box via radio ed evitare grossi errori, come sorpassi impossibili e tamponamenti. Il talento serve, ma se la vettura è sbilanciata, manca di trazione, l’aerodinamica entra in crisi in scia o le sospensioni macinano le gomme, non basta. Insomma, oggi non c’è molta distanza tra Alonso e Vettel, ma tra la Red Bull e la Ferrari è misurabile. 

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