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I Castelli Romani: quando guardavo Roma dall'alto

L'altra faccia della capitale: i “castelli” sono per tutti il luogo dove si beve del buon vino e si gode una piacevole frescura. Ma sono anche una splendida terrazza, dalla quale veder un’altra Roma

I castelli romani: quando guardavo roma dall'alto

Mi mancano gli anni in cui guardavo Roma dall'alto. Quando tra i comignoli e le antenne dei vecchi palazzi di Frascati intravedevo quell'infinito mare metropolitano che è capace di sedurre anche da chilometri di distanza. Ci sono arrivata quando portavo ancora  i codini e la cartella sulle spalle e l'ho lasciata quando, finita l'università, ho cominciato il lavoro che (grazie a Dio) faccio tuttora. Il caso poi ha voluto che andassi ad abitare non nel suo cuore antico e trafficato, ma ai Castelli, che offrono infiniti affacci e incredibili tramonti sulla capitale. Che sarà indolente, caciarona, disordinata, arraffona (ecc.), quanto volete ma per me, trentina di nascita e milanese di adozione, rimane la Grande Bellezza. Mi manca sempre e se capita di farci un giretto in moto è una festa.

 

LA “SALITA” AI CASTELLI

Già da marzo, quando cominciano ad allungarsi le giornate e i primi tepori fanno venir voglia di stare fuori casa, ha inizio la transumanza: orde di capitolini risalgono la Tuscolana (da San Giovanni è possibile raggiungere Frascati senza svoltare una sola volta), l’Anagnina o l’Appia, con la stessa naturalezza con cui i salmoni risalgono i corsi d’acqua, in cerca di un po’di ossigeno. È un rito che si consuma ogni maledetto fine settimana, durante la bella stagione. I locali lo sanno e hanno imparato a tenersi alla larga dai luoghi più esposti all’invasione, come il Tuscolo, il colle scelto dai nobili romani per le loro residenze estive ora area deputata ai picnic, oppure i famosi Laghi, che regalano oasi di ombra e quiete. Qui, però, si pratica con soddisfazione soprattutto lo sport del “magnà e beve”, l’attività per cui sono note cittadine come appunto Frascati o Grottaferrata. Le strade sono un susseguirsi di ristoranti più o meno caratteristici, più o meno cari, tutti pieni il sabato e la domenica. I Castelli, da sempre, sono il luogo dell’otium (l’ozio, in latino, il dolce far niente). Facilmente ci immaginiamo “questo popolo di coloni parsimoniosi e di soldati frugali, satolli d’aglio e di orzo..., rimpinzarsi di cacciagione, inondarsi di salse e intossicarsi di spezie” (Marguerite Yourcenair in Memorie di Adriano). Quanti articoli abbiamo letto, quanti film abbiamo visto, quante storielle abbiamo ascoltato che ripropongono il tema. Mai luogo è stato così banalizzato dal folklore. Certo, se si deve conoscere in fretta un posto, è giusto che se ne conoscano prima di tutto le cose migliori, o per lo meno le più esportabili. Il vino, la porchetta, il ponentino, le canzonette in dialetto cantate a bordo tavola, lo sono sicuramente.

 

OTIUM E NEGOTIUM

I Colli Albani a ragione sono definiti il luogo della perdizione: ci sono tutti gli elementi perché un uomo sano, mediamente voluttuoso, diventi un epicureo. Eppure quello che vogliamo proporvi è di abbandonare la visione “capitolina”, che vuole che i Castelli siano una valvola di sfogo, e acquisire invece la visione dell’“abitante del luogo”, che non deve fuggire da nulla e per cui la Capitale oltre che luogo del negotium (in latino è il contrario dell’otium, quindi il fare, il non stare con le mani in mano) è anche un oggetto da osservare, magari con occhi diversi. Raramente, infatti, si considera che i Colli Albani, fra le altre cose, sono anche una splendida  terrazza sull’Urbe. La loro disposizione, sospesa, permette di vedere Roma (e forse anche la romanità!) da lontano e scorgere cose che solo da una certa distanza si possono vedere. Insomma, quando le gozzoviglie domenicali sono finite e i capitolini se ne vanno, la vita qui non finisce. Per rendervi conto di quello che stiamo dicendo vi proponiamo innanzitutto di realizzare l’itinerario fuori stagione, cioè quando i romani per rilassarsi vanno al mare (da giugno fino a settembre), oppure in primavera, durante i giorni feriali. E poi di non fare il tour dei Castelli, come si fa di solito, partendo dalla città e poi risalire, ma di partire dall’alto, il che vorrebbe dire prendere la strada che passa per Monte Porzio Catone e Montecompatri e arriva a Rocca Priora, più divertente delle rette vie che dipartono dal centro città. Comincerete così subito a capire che i Castelli sono un complicato sistema di declivi collegati l’uno all’altro senza soluzione di continuità e che tentare di allacciarli l’uno all’altro comporta un divertente gioco di saliscendi. Comincerete anche a prendere confidenza con una natura generosa ma selvaggia (qui tutto è più selvatico, anche la cucina) e a godervi Roma “a spizzichi e bocconi”, come si dice, perché la città compare e scompare a seconda del colle e del versante in cui ci trova.

 

LA VIA DEI LAGHI

Scendendo dal borgo di Rocca Priora, dirigendovi verso la Via dei laghi, incontrerete i Pratoni del Vivaro, un enorme area verde che si presenta come un circuito di golf; in realtà è un centro equestre federale. È l’unica zona in cui la natura pare addomesticata. A un certo punto vi imbatterete in un bivio: voltando a sinistra raggiungerete Nemi, voltando a destra Castel Gandolfo. Il momento migliore per godere questi due borghi e gli specchi d’acqua su cui si affacciano è l’ora del tramonto, quando la luce si fa più calda e la selva che li circonda si ammansisce e sembra più accogliente. I laghi dei Castelli sono di origine vulcanica, perciò hanno una sagoma tondeggiante, sono incastonati fra alte pareti, e sono anche qualcosa di arcano e malinconico. In alcuni tratti, vicino alla costa, sono balneabili, ma hanno comunque poco di “balneare”. Insomma sono godibili soprattutto come scenografia. Ripresa la Via dei Laghi si “plana” su Marino conservando, sulla sinistra, un fantastica vista su Roma, e poi su Grottaferrata. Insieme a Frascati è il più residenziale dei paesi. Il borgo è ridotto a poca cosa, c’è però la bella abbazia ortodossa di S. Nilo, che si raggiunge percorrendo la via dello struscio. Questo comunque è soprattutto il regno di ville, di parchi, dei circoli sportivi: è una specie di Los Angeles casereccia, sia perché si presenta come un nucleo di residenze signorili immerse in una natura orgogliosa (fatta di pini marittimi, oleandri, ulivi) e privo di un centro vero e proprio, sia perché abitato da molti “forestieri” che si sono ambientati benissimo e hanno completamente rinnovato il tessuto sociale. La sensazione, insomma, è quella di trovarsi non  in provincia ma in un’altra Roma, dove la romanità è filtrata e riproposta in tante lingue diverse.

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