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“Moto ignorante, innovativa e con stile”: Drudi spiega il senso della Burasca

La special su base Honda VFR1200F disegnata da Aldo Drudi è una moto a dir poco originale, non convenzionale e slegata da qualsiasi canone conosciuto. Nella nostra intervista, il designer ci racconta la sua “Burasca”, i principi ispiratori, le tecniche. E poi spiega perché è così e... a cosa serve

Drudi racconta la sua prima moto

Ricordate? Qualche settimana fa vi avevamo presentato la Burasca, la prima moto disegnata da Aldo Drudi usando come base tecnica quella della Honda VFR1200F. Cliccate qui per ripassare l’argomento e per rivedere le foto di questa moto così fuori dagli schemi. Talmente fuori dagli schemi che viene da chiedersi “perché”? La risposta non può che darcela l’autore. A lui la parola.

"volevo fare una VFR più passionale"

“Burasca” è un nome particolare, sembra derivare da un dialetto. Da dove nasce? Qual è la sua storia?
Quella del nome è una storia simpatica e deriva proprio dal dialetto della mia terra dove indica la tempesta, la forza del vento. Il motivo principale della scelta deriva però dal fatto che si tratta del soprannome dato a un vecchio amico di mio zio, tale “Burasca” con una sola “r”. Quell’uomo è stato soprannominato così perché aveva e ha un’energia incontenibile, una carica eccezionale. Lo ricordo da piccolo come un personaggio che metteva molta allegria e allo stesso tempo mi dava grinta. Per questo l’ho chiamata Burasca: vorrei passasse a tutti l’idea di essere una moto grintosa ed energica.
 
Due anni fa siete partiti con un foglio bianco, e poi?
Il fatto di essere partiti da zero è una cosa importante. Se tutto fosse iniziato da qualcosa cercato in internet le cose sarebbero andate diversamente perché avremmo avuto limiti e pregiudizi. In questi casi serve anche un po’ di “ignoranza”, nel senso che quando non conosci bene qualcosa e vai di getto alla fine ne vengono fuori le cose più creative. Il foglio bianco è il supporto perfetto per partire e iniziare a sognare con la matita in mano.
 
Quali sono le parti che ti hanno dato più soddisfazione durante la progettazione e quali, invece, le più complesse?
È difficile dirlo. Tutto il lavoro è stato svolto pensando all’innovazione senza dimenticare lo stile. Il team da cui è nata la Burasca ha lavorato molto anche in 3D e questo ci ha aiutati a focalizzare l’attenzione sul dettaglio. Forse il telaietto posteriore, con le pedane che si integrano perfettamente e una volta chiuse sembrano non esserci, è la parte che più mi soddisfa. Mentre vi parlo però mi rendo conto di dire una bugia: fra le parti che più mi hanno dato soddisfazione ci sono sicuramente lo scarico e il faro anteriore. A mio parere sulla Burasca ci sono un sacco di dettagli che, una volta smontati, potrebbero diventare dei soprammobili. Si tratta del mio parare, il pubblico saprà giudicare meglio, ma penso che quest’ultima sia la cosa che più mi soddisfa. Venendo invece alle parti più complesse mi viene in mente tutto il lavoro fatto con il carbonio; non tanto per noi in fase di progettazione, quanto invece per chi ha costruito fisicamente i pezzi. Dietro alle parti in carbonio ci sono tecnologie avanzatissime, unite al lavoro manuale di artigiani competenti.
 
Il progetto della Burasca è stato sposato dalla Honda. Avete avuto modo di confrontarvi con i tecnici giapponesi e siamo curiosi di sapere se hanno imposto dei paletti durante il progetto oppure se hanno lasciato carta bianca allo sviluppo della moto.
Penso che Honda sia la Casa motociclistica numero uno al mondo. Lavorare con loro è stato fantastico e ci ha spronati a fare del nostro meglio. La fiducia accordata da Honda al progetto Burasca è stata davvero lo spunto per lavorare al meglio. Ringrazio Honda per questa grande opportunità e per non avere mai imposto niente durante il progetto e le fasi di sviluppo. Sono stati elegantemente capaci di accettare la mia proposta e fornirmi la base tecnica necessaria alla realizzazione. Nessun paletto o imposizione di alcun tipo, anzi hanno accettato di buon grado l’idea di affidarmi la loro moto per guardare semplicemente quale fosse il risultato finale. Mi ha fatto molto piacere vedere come la Honda veda di buon grado il design italiano e il mio lavoro, più volte mi hanno fatto presente che per loro si trattava di un’opportunità interessante per uscire dagli schemi e vedere qualcosa di nuovo. Ringrazio davvero Honda e l’eleganza con cui hanno accolto il mio progetto.
 
La base di partenza è una Honda VFR1200F, come mai questa scelta?
Abbiamo scelto noi la VFR1200F perché volevamo esercitarci su una moto con queste caratteristiche e cercare di darle un aspetto più passionale pur mantenendo l’impronta Sport-tourer. Vengo dal mondo delle corse e mi piaceva l’idea di creare una moto grintosa, ma non abbiamo tralasciato l’aspetto fondamentale della comodità. Sono contento della scelta e credo che la VFR1200F sia stata un’ottima base per il nostro lavoro, è una moto che sposa perfettamente l’idea che avevamo prima di iniziare il progetto. Mi piace anche l’idea del binomio Italia-Giappone nell’unione del design nostrano alla tecnica orientale.
 
Oggi vediamo la Burasca finita, ma c’è qualcosa che non siete riusciti a fare?
Il mio rammarico più grande è aver terminato la moto con un sacco di pezzi “finti”, se così si può dire. Ci sono delle parti che vanno ancora ultimate ma non abbiamo fatto in tempo. La moto è stata terminata, come la vedete, nella nottata prima della presentazione e malgrado gli sforzi fatti terminarla è stato impossibile. Le parti non presenti verranno montate quanto prima al posto di quelle create per farla sembrare ultimata.
 
Da anni la Drudi Performance è famosa per la realizzazione dei caschi dei piloti, come quelli di Valentino Rossi, perché creare una moto?
Sono da sempre legato al mondo delle due ruote e delle corse, da tempo avevo in mente di creare qualcosa; questo è, per così dire, il mio primo esercizio di stile in questo nuovo mondo. Questa operazione mi servirà da biglietto da visita in futuro, ora siamo conosciuti nel mondo per i caschi, le tute, ecc, ma vorremmo aumentare la nostra produzione nel mondo del design partendo dalla progettazione 3D. Infatti abbiamo in programma di aprire un nuovo dipartimento dedicato della Drudi Performance. L’obiettivo della Burasca è quello di richiamare l’attenzione affinché ci vengano commissionati altri progetti in cui mettere in campo le nostre doti nel mondo del design.
 
Ora che la prima Burasca è stata svelata, ipotizzate di poterne costruire in serie? Che ne sarà di questo primo esemplare?
No a dire il vero non abbiamo in mente nulla che riguardi il mercato. Questo esemplare verrà esposto molte altre volte, alcuni eventi sono già in programma. Poi la Burasca finirà a casa mia e sarà parte della mia collezione privata. In un paio di mesi al massimo proveremo la moto anche in pista. 
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