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Moto Guzzi V7 III Special vs Triumph T100 Black

Confronto su strada tra due delle novità più interessanti che abbinano un aspetto piacevolmente rétro ad una moderna tecnologia. Arrivano da Mandello del Lario e da Hinckley e sono degli intramontabili classici: V7 III e Bonneville T100.
1/19 Vista da dietro.
Le moto vintage non sono mai state così di moda come ora. Ma quelle davvero “vecchie” possono essere problematiche da guidare e mantenere, non hanno dispositivi di sicurezza attiva, inquinano. Le proposte non mancano anche per chi si avvicina alle due ruote a motore per la prima volta: Benelli Leoncino, Fantic Caballero, Honda Rebel, Ducati Scrambler 400, Mash 400... Ma salendo un po’ con cilindrata e prestazioni, senza perdere in facilità di guida, si trovano due icone del motociclismo: Moto Guzzi e Triumph.

FACILI, AMICHEVOLI E INTERESSANTI NEL PREZZO

Foto di Cristina Pertile
La Moto Guzzi celebra i 50 anni della sua V7 (la versione civile: in realtà la moto esordisce nel 1965 con le commesse militari). La Triumph invece è prossima al raggiungimento di sei decadi: la prima Bonnie nasce nel 1959. Oltre un secolo in due. Quando apparvero per la prima volta erano considerate maxi. Oggi le ritroviamo in listino tra le entry level. Perché sono facili, amichevoli e (abbastanza) abbordabili nel prezzo. La prima valutazione è senza dubbio estetica. Entrambe le moto rielaborano, cercando di rimanere più fedeli possibili all’originale, il design delle antenate di cui portano il nome. Ci capita dunque, durante la nostra prova, di incrociare passanti non propriamente ferrati sull’argomento motociclette, che rimangono colpiti dallo splendido stato di conservazione delle nostre classiche. Quando gli spieghiamo che non si tratta di moto d’epoca, ma di moderne “repliche” omologate Euro 4, la loro ammirazione non svanisce, anzi si entusiasmano e chiedono ancora: come vanno, che cilindrata hanno, quanto costano. Ecco, quest’ultima risposta li lascia un po’ smarriti, questi non-motociclisti, perché forse si aspettano qualcosa di meno. Specie dalla Triumph: 10.650 euro, venti milioni del vecchio conio se ragioniamo in stile vintage, non sono proprio una bazzecola per una entry level. Ma è fatta bene, la Bonneville, e lo si vede nei dettagli: niente cavi o cablaggi disordinati, viteria ricercata, leve a manubrio regolabili.
La V7 III ha finiture superiori rispetto al modello precedente (la V7 II, Euro 3), ma il confronto di dotazione con la concorrente inglese la relega un passo indietro. Tuttavia è decisamente più abbordabile, con un prezzo di listino di oltre 1.900 euro in meno. E in più ha tanti dettagli cromati e la verniciatura bicolore che, per chi non sta lì a guardare alle prestazioni (e il target di questi modelli ne annovera molti), fanno la differenza.

IN PROVA: SOPRATTUTTO COMFORT

Foto di Cristina Pertile
Dici entry level e pensi ad una motoretta piccola. In effetti, non sono grosse e impegnative, le protagoniste della nostra prova. L’italiana soprattutto, è tra le più compatte a disposizione; quasi non diresti che è una settemmezzo. Anche l’inglesina non è imponente, ma ha una abitabilità maggiore e un motore di cubatura generosa. “Novecento?” domandano allibiti i passanti di prima, quando riveliamo la cilindrata della Bonneville. E subito pensano ad una motorona pesante. In effetti è più cicciona della Guzzi, che ferma la bilancia appena oltre la soglia dei due quintali, mentre lei, la Bonnie, fa salire l’ago di altri venti chili. In manovra la differenza un po’ si sente, ma una volta in movimento entrambe si lasciano condurre con estrema facilità, restituendo una sensazione di controllo totale ad ogni andatura. In parte grazie anche alla sella bassa e all’ottima ergonomia. La V7 è abbastanza accogliente anche per stature non esuberanti: le pedane sono più basse rispetto alla V7 II, ma chi supera i 180 cm risultano ancora un po’ troppo vicine al piano di seduta. In ogni caso, spilungoni o meno, ci si trova con il busto più proteso in avanti: come vedremo questo porta a caricare un po’ di più l’avantreno, restituendo la sensazione di maggiore precisione e controllo quando si forza il ritmo. La T100 ha la sella solo 10 mm (misurati dal nostro centro prove) più distanti dal suolo, ma soprattutto pedane più lontane dal piano di seduta, così che le gambe risultano moderatamente flesse, ben accolte negli svasi del serbatoio. Quello della italiana è ben più capiente (quasi 20 litri), ma non meno snello. Parlando di capacità di carico di carburante, apriamo una parentesi sui consumi: entrambe le moto sono poco assetate di benzina, ma con la Triumph è praticamente impossibile fare meno di 22 km/litro, dato che le garantisce una autonomia teorica di almeno 320 km. L’italiana si attesta intorno ai 20 km/litro e, con serbatoio più grande, può arrivare anche a coprire 360 km prima di rimanere a secco.

COSÌ SIMILI COSÌ DIVERSE

Foto di Cristina Pertile
La sensazione di leggerezza della Moto Guzzi è enfatizzata dal grande equilibrio e dall’eccezionale maneggevolezza. Non che il modello precedente fosse un cancello, anzi, ma a Mandello hanno lavorato per enfatizzare questa caratteristica, chiudendo l’angolo di sterzo e riducendo l’avancorsa. La V7 indovina la traiettoria con rapidità e la mantiene con sicurezza. Ed è pure agile nei cambi di direzione, in cui si dimostra svelta e precisa. I nuovi ammortizzatori posteriori, benché abbiano una corsa ancora abbastanza ridotta e una risposta un po’ secca, hanno fatto un passo avanti in termini di assorbimento delle asperità più lievi. Su quelle pronunciate, come dossi e tombini, raggiungono presto il fondocorsa. Escursione maggiore, e comfort un gradino più in su, per la Triumph, morbida, amichevole. Avesse una sella un poco più imbottita, meriterebbe la lode. L’inglese è però meno rigorosa quando si guida veloci. Esagerando, innesca qualche ondeggiamento. Nei “pif-paf” è solo un poco meno lesta della Guzzi, per via del peso maggiore e della più generosa sezione degli pneumatici. La T100 non è però una sgraziata balena, beninteso. Anzi: con una posizione più seduta e rilassata, non manca di controllo e appare persino più facile della Guzzi. E poi ha quel motore pastoso ed elastico, che te la fa godere in ogni situazione. Ha un’erogazione piena e progressiva che non può non fartela amare. Pronta, ma non scorbutica, la risposta al comando del gas ride by wire. Zero vibrazioni, rumorosità meccanica contenuta e bel sound di scarico. Difficile volere di più. Il V trasversale lombardo ha invece un carattere ben diverso, con vibrazioni viscerali, ma trascurabili a livello di comfort, e una rumorosità più marcata. Alla prima apertura gli manca la schiena del concorrente, ma possiede un’erogazione altrettanto lineare. Insomma: usare i rapporti lunghi a bassi regimi, alla Guzzi non riesce bene quanto alla Triumph. In accelerazione, tirando le marce, la V7 tiene la scia della Bonneville. Ma in ripresa la T100 scappa. Con l’italiana bisogna sfruttare di più il cambio, che ha innesti non precisissimi. Morbidissime invece le frizioni di entrambe le moto. Soprattutto quella di moto Guzzi, che vanta un impianto tutto nuovo. Lo stacco è perfettibile (quello di Triumph è più modulabile), ma lo sforzo richiesto per azionare la leva è pari a quello di una lama calda che affonda nel burro. Si tira con un dito solo e non affatica. I controlli di trazione lavorano in modo egregio, mai invasivi: se ne avverte l’intervento solo in casi limite, su asfalto bagnato o su segnaletica orizzontale particolarmente viscida. Quello di Guzzi inoltre, è settabile su due livelli di intervento, uno più conservativo e l’altro più sportivo. Inappuntabili e mai invadenti neppure gli ABS, che assistono impianti frenanti adeguatamente potenti, che garantiscono spazi d'arresto contenuti. Solo un po' spugnosa la risposta alla leva sulla Triumph, più pronta quella di Guzzi.
Il report completo della prova, comprensivo dei rilevamenti del nostro Centro Prove e tutti i dati, è pubblicato su Motociclismo di Settembre 2017
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