Intervista a Gino Borsoi, direttore sportivo del team Aspar
È italiano e vive in Spagna, nel suo team corrono un pilota italiano e uno spagnolo. Perché è importante avere una squadra in Moto3?
Lavorare con i piloti giovani è sempre bello e la Moto3 è una categoria dove, lavorando bene, si può vincere un titolo, un risultato sempre prestigioso. Inoltre si può fare crescere nuovi talenti.
Da ex pilota, si è un po' anche maestri di questi ragazzi?
Sicuramente hanno bisogno di persone con esperienza, avendo una buona struttura alle spalle è più facile migliorare in fretta.
Perché c'è stato un periodo di buio per il vivaio italiano?
Magari c'è stato per un po’ di tempo, si è preferito andare al cinema la sera invece di fare nuovi piloti (ride). Scherzi a parte, diversi anni fa ci sono stati tanti, forse troppi, piloti italiani che andavano forte e averne altri non era interessante per la vendita del prodotto MotoGP. Probabilmente si è cercato di aiutare nuove nazioni. Poi con l'avvento della VR46 è riiniziato questo fiorire di piloti di buon livello.
La preparazione di un pilota è cambiata molto rispetto a quando correva?
È molto più professionale e i ragazzi di oggi sono anche più fortunati. Ai miei tempi ci si allenava in palestra o in bicicletta, magari non si aveva neppure una moto da cross, non avevamo un preparatore fisico. Una struttura come quella di Valentino dà tutto, compresa la possibilità di allenarsi con lui. Inoltre si spingono l'uno con l'altro mantenendo alto il livello. Prima dovevi inventarti il modo per riuscire ad allenarti.
Però non basta.
L'allenamento è importante, ma non è sufficiente per diventare un campione. Riesce a esserlo chi in pista ascolta i consigli, sfrutta al 110% la moto e non molla mai. Avere un buon team alle spalle di offre sicurezza.
La Spagna è ancora il riferimento per chi vuole arrivare il Mondiale. Nel CEV ci sono piloti di tutte le nazioni.
È un campionato al livello del Mondiale. Tutto è iniziato qualche anno fa, quando sono arrivati i piloti stranieri: in questo modo il livello si è alzato avvicinandosi al motomondiale.
È solo quello il segreto?
No, in Spagna, grazie al clima, si riesce a girare in pista praticamente tutto l'anno e ci sono molti circuiti diversi. Questo aumenta la professionalità del pilota. In Italia ci sono difficoltà di costi, burocratiche e in inverno non si può andare in pista: sono impedimenti importanti per fare crescere giovani talenti.
Spagna batte Italia...
Un altro fattore è la presenza di molte squadre di alto livello e scuole. Inoltre nel CEV le moto sono addirittura migliori di quelle del Mondiale, perché le Case sviluppano i nuovi modelli in quel campionato. Logico che chi emerge lì poi vada forte anche nel motomondiale.
Qual è il ruolo della Federazione Motociclistica Spagnola nella crescita dei piloti?
Non c'è un team, a differenza di quanto ha fatto quella italiana, ma aiuta economicamente i piloti. Inoltre i prezzi dei circuiti sono molto più bassi e ci sono molte scuole. La nostra si chiama KSB e seguiamo un centinaio di ragazzini a partire dai 6 anni. Siamo appena partiti con questo progetto ma lì cercheremo di trovare piloti che possano approdare nel nostro team nel Mondiale.