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Fuego2ice: 32.000 km di viaggio da CapoHorn all’Alaska, in sella a una Beta 50. Report 7

Sempre in Argentina, Simone Cannizzo, in sella alla Beta 50, si è diretto da Da Cafayate verso Est, seguendo la Ruta 40. Il paesaggio è cambiato ancora una volta. Intorno a lui la valle del Rio De Las Conchas, formata da canyon con fessurazioni che danno origine a grotte. Successivamente, è ripartito verso Nord, attraversando piccoli paesi, fino a Salta

Fuego2ice: 32.000 km di viaggio da capohorn all’alaska, in sella a una beta 50. report 7

Settima settimana 6 Gennaio – 13 Gennaio

ARGENTINA– Scrive Simone Cannizzo: “Sono deciso a risalire lungo la Ruta 40 in Argentina,  strada che alterna tratti asfaltati a più comuni percorsi di fuoristrada leggero. Da Cafayate viaggio verso Est attraversando la famosa quebrada nella valle del Rio De Las Conchas.  Il paesaggio cambia ancora una volta e mi ritrovo circondato di canyon con fessurazioni che danno origine a grotte dalle forme originali. Una in particolare, chiamata Auditorium, ha una conformazione tale da regalarle un’acustica quasi perfetta ed in questo luogo si tengono concerti più o meno legali e più o meno annunciati. Io decido di spostarmi verso Nord restando sulla strada che attraversa piccoli paesi come Molinos e Cachi;  sono semplicemente estasiato dal paesaggio. Una piccola strada sterrata che corre veloce tra piccoli canyon e vallate pietrificate.  Scendo man mano di altitudine e la piccola Beta riprende a respirare, recuperando potenza ed allungo su questo tratto sinuoso e morbido; mi diverto a guidarla un poco più sporca, con qualche accenno di traverso sulle curve più regolari. Lo sterrato è un piccolo ottovolante tra deviazioni, dossi e piccoli rigagnoli da guadare ma con traiettorie dolci e prevedibili, mentre scende sempre di più verso il fiume che scorre sotto di me. Passo l’ultima notte a Cochi, prima che lo sfondo cambi ancora una volta. Piccolo paese fin troppo turistico con una piazza principale che mi ricorda Mont Sant Michel (in Francia), talmente piena di artisti o sedicenti tali, venditori di collane, disegnatori di caricature. E ristoranti, troppi. Questo luogo deve la sua vitalità alla presenza di un parco naturale sulla Ruta 33 che conduce a Salta; una pianura surreale costellata di enormi cactus, attraverso la quale sfreccio rumorosamente per attaccare l’immane groviglio di tornanti dall’altro lato della valle. Ma, ancora, alla Beta manca ossigeno e si ferma sulla più piccola delle salite, prima di arrivare ai tornanti. In mezzo ai cactus, con un vento caldo e secco, smonto il carburatore ed abbasso lo spillo principale, smagrendo la miscela senza poter toccare i getti. Questo mi permette di spingere il ciclomotore fino al tetto del passo, un altipiano a 4.600 metri dove le nuvole schiaffeggiano te e le cime attorno, dove fa freddo, dove per la prima volta ho usato l’imbottitura della mia giacca, tirandola fuori dal fondo del sacco mentre battevo i denti sonoramente. E poi il mondo si inverte, la strada scende disegnando curve morbidissime sui fianchi di montagne ricoperte di verde. Sono talmente in alto che queste strade le vedo volandoci sopra, appena esco dalle nuvole che rendevano grigio e spesso il mio panorama.  In circa due ore sono a Salta, dove una vecchia signora italiana mi indica la strada dell’ostello. Sono stanco, infreddolito e sporco d’olio e benzina. Non sono certo in macchina e non vorrei esserlo mai”.

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