Introduzione
Le Ducati Scrambler equipaggiate con
il nuovo motore monocilindrico a carter larghi disegnato da Fabio Taglioni
muovono i loro primi passi nel 1966, ma è solo due anni dopo che i modelli
di 250 e 350 cc fanno il loro debutto sul mercato.
Il successo commerciale è immediato, grazie
ad una linea estremamente indovinata e proporzionata, con il bel monocilindrico
dalla linea pulita in evidenza e il serbatoio a goccia con i fianchi cromati.
E dire che le Scrambler sono nate su pressioni dei fratelli
Berliner
(i potentissimi importatori statunitensi di Ducati e Moto Guzzi) per
i motociclisti americani, ma piacciono anche da noi. Segno che anche
in Italia i tempi sono maturi per motociclette meno tradizionali e più
“libere” nello spirito.
“Sul misto è favolosa. E anche in città,
per affrancarsi dalla morsa del traffico, per avere più tempo libero, per
reagire alla nevrosi che ci attanaglia quando siamo lì, in fila, chiusi
dentro le nostre scatolette a 4 ruote. E se poi si vuole andare in campagna,
per i sentieri, per i prati, in completa libertà la Scrambler sa fare anche
questo. La Scrambler dà uno stile nuovo alla nostra personalità, alla nostra
libertà”. Questo il Ducati pensiero evidenziato in un pieghevole
pubblicitario
edito dalla Casa di Borgo Panigale.
Sull’onda del successo, al Salone di
Milano del 1969 viene presentata la versione di 450 cc che nei primi
anni prenderà il sopravvento sulle altre due, ottenendo i maggiori consensi
fra i motociclisti, anche perché è quella che più si avvicina al fatidico
mezzo litro, segno distintivo per i motociclisti “arrivati”
dell’epoca.
La tecnica
I tre modelli conservano il medesimo cuore: il monocilindrico 4 tempi
a coppie coniche che Taglioni aveva concepito surdimensionato proprio per
creare una gamma di modelli di diverse cilindrate con il maggior numero
di particolari in comune. Dalla serie stradale Mark 3 e Desmo, le Scrambler
ereditano anche il telaio monotrave a culla aperta con il motore che ha
funzione di elemento portante (simile, fatto salvo la diversa conformazione
della triangolazione posteriore e i differenti attacchi degli ammortizzatori),
i freni e gran parte della componentistica. oche le modifiche apportate
ai diversi modelli nel corso degli anni: gran parte delle 350 e tutte le
450 adotteranno un decompressore per facilitare l’avviamento.
Poche le modifiche apportate ai diversi modelli nel corso degli anni: gran
parte delle 350 e tutte le 450 adotteranno un decompressore per facilitare
l’avviamento a freddo, mentre a partire dagli ultimi mesi del 1972 arriva
l’accensione elettronica su tutte le versioni.
Fra i 3 modelli, la 350 è quella che offre il miglior equilibrio
peso-potenza-prestazioni-consumi.
Mettendo da parte le velleità fuoristradistiche, la Scrambler si rivela
(come le sorelle) un’ottima motocicletta per i percorsi
misti,
grazie alla sua estrema maneggevolezza e al peso contenuto. Mal
digerisce
invece i lunghi tratti autostradali perché le possenti vibrazioni,
sensibili a tutti i regimi e inutilmente mitigate dalle manopole a botticella
delle prime versioni, causano la rottura di alcuni componenti (come la
strumentazione), crepe e dissaldature varie, allentamento della bulloneria.
Il male è endemico e dovuto al motore, montato al telaio con 6 attacchi
senza silent-block...
Altro punto a sfavore, soprattutto per la 450, è la difficoltà di
avviamento.
Con la Scrambler si deve andare giù decisi con una scalciata molto forte,
altrimenti il ritorno del pedale è “critico” per caviglie e
dintorni.
Ma il più delle volte il problema deriva dalla difficoltà nel mettere
correttamente
in fase l’accensione (non esiste alcun segno di riferimento sul motore
per agevolare l’operazione).
Gli anni d’oro per le Ducati Scrambler sono a cavallo fra gli anni
Sessanta
e Settanta. Poi l’invasione delle maxi e il boom delle moto da
Regolarità
fanno tramontare la stella di questa tranquilla moto polivalente.
Il valore sul mercato
Oggi sul mercato delle moto d’epoca la 350 sta
prendendosi la
meritata rivincita, dopo che molte delle sue sorelle di 450 cc sono
state trasformate in altrettante “Spaggiari replica” preparate per
le
gare di Gruppo 5, sparendo così dalla circolazione. Con una cifra ragionevole
si può entrare in possesso di una moto ancora godibile in tutte le situazioni
e dalla spiccata personalità.
La disponibilità dei ricambi è ancora piuttosto buona e, come potete
leggere nell’apposito box, ci sono diversi specialisti che possono
prendersi
cura dei mono Ducati. Un’ultima considerazione sul motore: i mono a carter
larghi sono robusti, razionali e per la loro produzione in Ducati non
si è risparmiato sui materiali. Nonostante questo, non bisogna
dimenticarsi
la manutenzione ordinaria perché si tratta comunque di motori con più di
trent’anni di onorato servizio alle spalle che hanno bisogno di attente
cure.
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