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11 March 2013

Ducati Panigale & co: potenze record ma vendite a picco

Se ne vendono pochissime, ma le Case non smettono di spingere sull’acceleratore delle prestazioni e della tecnologia: le sportive si apprezzano solo in pista, ma sono dei veri capolavori di ingegneria. Tutti i numeri delle superpotenze

Ducati panigale & co: potenze record ma vendite a picco

Da tempo scriviamo su Motociclismo che le supersportive non si vendono più, che non interessano come in passato. La freddissima legge dei numeri fa un quadro impietoso di moto che sono da sempre la bandiera tecnologica di ogni Casa, di moto dove si concentra il meglio in fatto di elettronica (e gestione della stessa) e di tecnica che proviene da MotoGP e SBK. Oggi la categoria delle moto supersportive (di 1.200, 1.000 e 600 cc) vale praticamente quanto quella delle moto da cross: in soli cinque anni (2008-2012) il mercato della “potenza” passa da 23.333 immatricolazioni a sole 5.601 targature (cliccate qui per il grafico, qui invece l’andamento generale del mercato negli ultimi 10 anni). Ovvero una contrazione del 75%. Impressionante! Per darvi un esempio che illumina, pensate che nel 2002 si vendevano 5.000 Honda CBR1000RR Fireblade e oggi siamo a solo 378 pezzi con le immatricolazioni del 2012. Lo scorso anno, la supersportiva che ha venduto di più è stata la Ducati Panigale, che nelle sue varie versioni ha cumulato 839 pezzi.

PERCHÉ?
Il motivo di questa crisi è facile da trovare
: limiti di velocità sempre più stringenti, prestazioni che vanno oltre le normali capacità di un motociclista tradizionale, prezzi in espansione e la necessità di andare in un circuito per apprezzare davvero le tantissime doti (cliccate qui per il film della comparativa 2012). Diversamente se le usate maldestramente sulla strada di tutti i giorni siete alle prese con delle assi da stiro che non vogliono curvare. Le supersportive sono anche il banco dove sono state sviluppate tecnologie che servono alle moto di “tutti i giorni”: il controllo di trazione, le sospensioni elettroniche e la gestione del motore per regolarizzare il suo funzionamento. E si migliorano anche aspetti della sicurezza come l’ABS o i sistemi anti impennamento.

VENDITE GIÙ, CV SU
Queste moto davvero stupiscono per l’incremento delle prestazioni, in particolar modo per la potenza massima, uno dei parametri fondamentali (ma qualcuno potrebbe serenamente obiettare su questa affermazione mettendo davanti i valori della precisione di guida) per giudicare le supermoto. Sfruttando i dati del nostro Centro Prove (la potenza massima rilevata alla ruota) abbiamo ricostruito l’escalation delle potenze dal 2000 al 2012, verificando che il gradino più alto sul podio della potenza è passato dalle mani giapponesi a quelle tedesche, transitando pure in Italia come nel caso dei motori bicilindrici di Ducati e dei quattro cilindri di MV Agusta. I grafici allegati (cliccate sui link) spiegano velocemente il concetto meglio di tante parole.

SUPERSPORTIVE 1000 4 CILINDRI: BMW AL VERTICE
Anni di lotte nella SBK tra giapponesi e Ducati, risolte spesso in favore di Borgo Panigale, ma nel campionato delle vendite le moto che arrivavano da Est hanno preso il sopravvento (cliccate qui per la gallery). E anche nelle prestazioni sanno dire tantissimo. Come si vede nel grafico che mostra le potenze massime alla ruota rilevate dal nostro Centro Prove (cliccate qui, per quelle all’albero bisogna aggiungere mediamente un 10%), prima Yamaha con la R1 e poi Suzuki con la GSX-R 1000, salgono anno dopo anno, modello dopo modello nelle prestazioni con l’interferenza di MV Agusta e della sua straordinaria F4. Poi nell’ultimo biennio l’esplosione di BMW che ha messo in campo tutte le sue conoscenze nei motori di altissime prestazioni (la F1 del passato, i campionati con le auto da turismo) per darci il 1.000 più potente in assoluto, quello della S 1000 RR. Altro che i 125 CV di un tranquillo boxer da turismo... E deve pure resistere 100.000 km e oltre. Questi tanti CV (178,82 a 13.100 giri) sono stati ottenuti con una raffinatissima gestione dell’iniezione elettronica, della capacità di minimizzare gli attriti interni, di un rapporto corsa/alesaggio dei pistoni ultraquadro. Una menzione speciale per l’Aprilia RSV4, che non stravince nelle prestazioni ma porta a casa titoli mondiali SBK e primeggia nelle comparative di Motociclismo (cliccate qui per la comparativa 2012).

SUPERPOTENZE: SOLO PER POCHI
Super Tourer (qui la gallery): se la crisi segna le vendite delle 1000 supersportive, qui siamo in un cimitero degli elefanti! I missili che correvano rasoterra a oltre 300 km/h (spesso autolimitati per non infrangere questa barriera più psicologica che tecnica) si sono praticamente estinti (cliccate qui per il grafico delle superpotenze assolute, ma non sorridete troppo vedendo gli oggi poco sorprendenti 133 CV della CBR1100XX, nel 2002 erano una cifra esagerata!). Almeno nel nostro Continente perché negli USA vanno ancora forte. Solo nelle vendite, ovviamente, visti i limiti super severi e super rispettati della velocità massima a poco più di 100 km/h. Partiamo con la Hayabusa, la Suzuki che porta il nome di un caccia giapponese della seconda guerra mondiale (oltre ad indicare il falco pellegrino in Giappone) e nata nella galleria del vento per accordare la forma aerodinamica con il potenziale del suo quattro cilindri di 1.300 cc concettualmente uguale a quello delle GSX-R: ne sono state vendute lo scorso anno solo 12, nel 2000 erano 426. Eppure è una moto incredibilmente godibile che nell’ultima versione eroga quasi 180 CV alla ruota e che per anni è stata al vertice della nostra personalissima classifica sull’accelerazione sui 400 metri da fermo, la sola moto a scendere sotto i 10 secondi. La batte in termini di prestazioni la Kawasaki ZZR1400 arrivata nelle concessionarie lo scorso anno: velocità massima autolimitata a 300 km/h ma tempo sui 400 metri da fermo di 9,931 secondi e velocità di uscita dalla base misurata di 239,6 km/h. Ma nemmeno queste super credenziali, oltre a un telaio monoscocca e un motore che sfiora i 200 CV alla ruota, servono a vendere: solo 47 pezzi nella hit-parade.

DUCATIADE: CRESCITA RECORD
Sapete qual è la moto sportiva che è rimasta più tempo in listino prezzi senza essere mai cambiata? Non è una giapponese, che ha una vita breve di due o tre anni, ma la Ducati 916. Vero pezzo d’arte motociclistica creata nel 1994 da Massimo Tamburini e rimasta praticamente immutata per 8 anni. Poi le successive rosse bolognesi si sono alternate con maggiore frequenza, con la radicale modifica estetica più che legata alla tecnica della 999 del 2002, della 1098, e poi della 1199 Panigale arrivata lo scorso anno (cliccate qui per vedere il grafico dell’evoluzione delle prestazioni desmodromiche dal 2002 ad oggi e le foto della gallery). Quest’ultima è una vera rivoluzione, in questo caso più tecnica che stilistica (cliccate sui prossimi link per sapere tutto della Panigale, della sua ciclistica e del suo motore), con un telaio monoscocca dove il motore ha funzione portante per collegare la sospensione anteriore a quella posteriore, e un motore rivoluzionario, sempre con un angolo di 90° tra i cilindri ma ruotato all’indietro per meglio centralizzare le masse e permettere una migliore gestione della ciclistica, non più condizionata dal cilindro anteriore piazzato in orizzontale. Il risultato è una moto con prestazioni notevolissime per un motore bicilindrico: 169, 31 CV alla ruota (185,57 all’albero) a 10.400 giri. Velocità massima di 298 km/h e peso piuma di soli 181,6 kg.

Marco Riccardi (direttore di Motociclismo)

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