Statistiche web

"La prima Monster fu figlia dell'istinto"

Abbiamo intervistato Andrea Forni, Direttore Tecnico Ducati, che ci racconta com'è nata la prima Monster 900, i problemi incontrati, i segreti del suo sviluppo e alcuni aneddoti della naked di Borgo Panigale
1/14 La M900 al Museo Ducati di Borgo Panigale
Andrea Forni, Direttore Tecnico Ducati
Andrea Forni è stato per decenni il Responsabile Sviluppo Prodotto di Ducati. Le ha provate tutte la Rosse uscite dalle linee di produzione di Borgo Panigale, dalla fine degli anni 80 a oggi, comprese le Monster. A lui chiediamo come fu sviluppata la prima M900. La prima apparizione ufficiale della Monster è stata a Colonia, Intermot 1992. Era già una moto definitiva?
“No, era un clay verniciato, con parti meccaniche vere, ma comunque un manichino non marciante”.

È stato complicato montare il motore della Supersport sul telaio 851?
“No, perché i motori Ducati erano tutti vincolati al telaio con i due attacchi anteriore e posteriore ed erano di due tipi, i cosiddetti carter grande e i carter piccolo. Sia la SuperSport sia la 851 facevano parte della famiglia dei carter grandi e avevano gli attacchi già in quella posizione. Ma non sono uguali: il telaio della Monster era in un unico pezzo, mentre quello della 851 aveva il telaietto imbullonato. Le quote erano diverse, così come l’inclinazione del cannotto e l’avancorsa. Pure la forma del traliccio posteriore”.

In quegli anni Ducati faceva praticamente solo moto sportive. Come avete lavorato per modificare le prestazioni di una sportiva in quelle destinate ad una naked?
“Le naked esistevano già, non le ha inventate la Monster. Ma erano più turistiche, pensate per essere comode più che sportive. Nel nostro caso abbiamo puntato a lavorare sulla ciclistica, incentrandoci più sulla maneggevolezza che sulla stabilità, poi il resto veniva da sé: la M900 era una moto leggera con un impianto frenante quasi sovradimensionato per le prestazioni che aveva, l’angolazione del cannotto era più “verticale” rispetto alla 851 e alla 900 SuperSport. Dovevamo solo curare che alla massima velocità, di 210 km/h, si mantenesse dritta. Eravamo consapevoli che era una sportiva, ma stradale, non da pista".
Qual era il sentimento in azienda quando stavate sviluppando questa moto?
“Nessuno si immaginava che avremmo creato una moda, qualcosa che poi in tanti avrebbero imitato. La Monster è nata perché quel tipo di moto piaceva a Galluzzi e ha fatto i primi bozzetti, ha insistito per realizzare la maquette e ha convinto le uniche due persone che decidevano se si faceva una moto o meno: Claudio Castiglioni e Massimo Bordi. All’epoca il potere decisionale era molto più snello rispetto a oggi. Quando abbiamo fatto la prima moto nessuno, compreso il sottoscritto, si immaginava cosa sarebbe diventata”.

Quando è stato il primo momento in cui l’hai provata?
Quando abbiamo fatto il primo prototipo in assoluto, nel ‘92. C’è l’abitudine di dare nomignoli alle moto; quella in particolare era chiamata Kermit, come la rana del Mappet Show, perché la sella era verde (probabilmente l’unico colore disponibile in quel momento per rivestire la sella che veniva fatta e sagomata a mano). Il serbatoio era già rosso”.

Avete dovuto fare degli aggiustamenti all'ultimo prima della produzione?
“L’unica cosa che abbiamo dovuto correggere è stata la luce a terra. Una delle cose che volevamo fare era tenere la sella bassa. Per questo abbiamo sagomato le marmitte. La moto uscì con gli scarichi normali, poi nella parte anteriore li smussammo per guadagnare gradi di angolo di piega”.

Questo degli scarichi è avvenuto già dalla prima serie?
“A memoria mi pare sia stata una modifica in corso. Frenata, stabilità e maneggevolezza erano molto buone, la moto pesava poco più di 180 kg e con delle quote agili andava bene per forza. Aveva 80 CV quindi con quella potenza era anche più facile renderla stabile. È più difficile oggi rendere stabile una moto con 200 CV”.
Ducati Monster M900
Non è mai stato in dubbio se mettere il motore 851?
“No: è nata attorno al 2 valvole ad aria e al 4 valvole ad aria. Interpreto quello che aveva pensato Galluzzi: lui voleva una moto snella, semplice e leggera anche visivamente ed era possibile e più semplice farlo con un motore 2 valvole ad aria".

È stato Galluzzi a scegliere la motorizzazione quindi?
“Sì. Ha fatto i suoi bozzetti sul 2 valvole, così come la maquette. È piaciuta così e così è stata portata al salone di Colonia come prototipo. A memoria direi che la decisione finale di metterla in produzione è stata grazie alla reazione dei visitatori proprio al Salone”.

Un pregio e un difetto storico della Monster.
“Nel traffico seminava gli scooter, era stretta e si infilava tra le macchine. L’unico limite forse era l’angolo di sterzo non eccelso a causa della forma del traliccio”.

Tu che le hai guidate e sviluppate tutte, qual è la migliore Monster di sempre?
“Se parliamo dell’apice delle Monster di allora, direi l’S4RS, quando è stato montato il motore 4V Testastretta nel 2006. È quella che mi è rimasta di più nel cuore. Aveva prestazioni di tutto rispetto che potevi anche portare in pista”.
La Ducati Monster M900 al Museo di Borgo Panigale
Ci ricordi chi sono stati i padri delle Monster nelle sue evoluzioni?
“Il primo è stato Miguel Galluzzi; poi dal 2008 Bart Groesbeek, poi abbiamo avuto Gianni Fabbro nel 2014 e il face-lift che c’è stato adesso dell’821 di Gianni Antonacci”.

A quell’epoca le provavate solo su strada o anche in pista?
“La Monster solo su strada, lo stesso percorso che usiamo ancora oggi, che va su al Passo della Raticosa per poi scollinare; da lì si può scegliere se andare verso il Passo della Futa oppure il passo del Giovo”.

Montando motori sempre più performanti avete dovuto stravolgere la ciclistica per sostenere tutti i CV?
“No, sono stati semplicemente degli adeguamenti dei valori dell’interasse e di avancorsa, ma di base la struttura fondamentale rimaneva quella perché il traliccio di tubi triangolato è di una rigidezza intrinseca tale da essere veramente ridondante rispetto alle esigenze stradali o anche sportive”.

Oltre all’idea di Galluzzi, la Monster ha un vero padre?
“Vorrei sfatare il mito del 'padre della moto' perché ad un progetto lavorano tante persone e ognuna di essa è importante. Ma nel caso della Monster siamo di fronte a una delle eccezioni in cui mi sentirei di attribuire un vero padre e questo è Miguel Galluzzi, perché lui l’ha proprio voluta. Si è sbattuto per convincere a farla, la linea e le caratteristiche di base le ha pensate lui”.

Con quali idee nacque la Monster 2014?
“Contrariamente alla Monster originale, figlia dell’istinto, la Monster 2014 è stata generata da un ragionamento: doveva essere una moto più confortevole, più turistica più adatta all’uso in coppia. L’idea era sicuramente giusta, ma forse è stato fatto anche un po’ troppo. Con la Monster attuale abbiamo fatto un passo indietro per ritornare al pensiero originale".

È stata anche una delle moto più utilizzate dai preparatori di special.
“La Monster ha una possibilità di personalizzazione estrema e questo è molto importante. Scatena la fantasia anche perché, qualsiasi cosa tu metti, mancando la carena si vede”.
1/125 La Ducati Monster 1200 protagonista delle installazioni del Fuorisalone Design Week 2014 di Milano
© RIPRODUZIONE RISERVATA