Le modifiche proposte andrebbero poi a toccare anche la dimensione economico-industriale del settore MOTO, specialmente in un momento di ripresa come questo.
La curva di crescita del mercato è in positivo già dal 2015 con un +13,3% di immatricolazioni a fine 2016 e +7% nel primo semestre del 2017; oltre all’industria prettamente motociclistica anche il mondo di abbigliamento e accessori ne risentirebbe, il mercato dei caschi offroad italiani è cresciuta del 37,1%, senza contare i disagi che arrecherebbe anche al mondo delle auto 4x4 e fuoristrada.
Per favorire una piccola porzione di utenza si perderebbero insomma, anche servizi importanti, al servizio della comunità e della sicurezza. Basti pensare a tutti i mezzi di appoggio per coloro che praticano attività sportive come mountain bike e skyrunning, il territorio perderebbe il contributo derivante dalle attività di manutenzione effettuate gratuitamente sui sentieri e sulle mulattiere dai volontari con mezzi a motore. Il transito di pedoni, ciclisti e turisti equestri inoltre diventerebbe di diritto esclusivo, senza quindi tener conto del consenso dei proprietari dei terreni interessati; i Comuni che fanno leva su queste attività inoltre, perderebbero una fetta importante dell’indotto precludendo molte opportunità di sviluppo. In ultima istanza, come già è accaduto in passato, l’introduzione di un nuovo divieto porterebbe a una reazione eccessiva in senso contrario, rendendo indiscriminato l’uso dei motori sul territorio in pura risposta ai divieti da parte di chi si sente vessato da tali modifiche, ingiustificate ed ingiustificabili.