Caro Flavio, ci sono vari modi per identificare un gruppo di moto. Si può stabilire un limite nelle prestazioni, dividerle in base al frazionamento del motore, fissare un tetto nel prezzo, individuare caratteristiche nella ciclistica, e vari altri. Quello che preferiamo, nella maggior parte dei casi, è la destinazione d’uso: le maxienduro con le maxienduro, le crossover medie con le crossover medie, eccetera. Lasciamo poi a ogni Casa una certa autonomia sull’allestimento, perché troviamo giusto dar loro la possibilità di schierare (quella che ritengono essere) la miglior moto possibile. C’è chi scommette sul prezzo, chi sulla tecnologia, chi su una dotazione completa. Nulla di strano, anzi, è così che funziona il mercato: si cerca di “sedurre” i motociclisti puntando ognuno su un certo aspetto. Ecco perché stabilire una soglia di prezzo non ci piace, o meglio, troviamo sia limitante. Se nella
comparativa in Romania avessimo imposto il tetto di 10.000 euro Honda non avrebbe potuto proporre il DCT, e BMW far valere il proprio allestimento. Perché? Lo sforzo di Kawasaki per contenere il prezzo vale non meno di quello di Honda per offrire una tecnologia unica o quello BMW di offrire dotazioni non presenti su moto rivali. Sul fatto che il risultato, poi, vada di pari passo col prezzo, permettici di dissentire. In Romania ha vinto la moto più costosa, è vero, ma al secondo posto è arrivata la più economica, davanti a rivali ben più onerose. Qualche mese prima,
comparativa nelle Marche, non hanno vinto né la moto più costosa né la seconda, e la più economica del gruppo (la
Triumph Tiger Sport) ha fatto meglio di concorrenti che costavano anche 5.800 euro in più.