Statistiche web

Casey Stoner, la sua autobiografia: che storia...

Quando uno vuole togliersi i sassolini dalle scarpe, che però sono piene di ghiaia. Stoner parla di tutto: gli esordi, la Michelin, Rossi, il ritiro... Un libro da leggere assolutamente, se si vuole capire uno dei talenti più misteriosi e meno simpatici della MotoGP

Casey stoner, la sua autobiografia: che storia...

La rivalità storica tra Valentino Rossi e Jorge Lorenzo si è ridimensionata quando l'italiano ha corso due anni in Ducati con risultati deludenti, senza che lo spagnolo ne approfittasse per prenderlo in giro. In una famosa intervista Valentino ha detto: "In quei due anni Lorenzo e Pedrosa non hanno mai approfittato della situazione. Prendermi in giro, in quel periodo, era facile come sparare a un uomo che caga". Chi, invece, non ha risparmiato frecciate e prese per i fondelli è stato Casey Stoner, uno dei piloti meno amati della MotoGP. Un talento puro, capace di rinnovare lo stile di guida, considerato però introverso, troppo serio e ingrato, dato che si è ritirato quand'era all'apice della carriera, parlando male di parecchie persone e sputando nel piatto in cui stava mangiando. Intorno a lui sono nate diverse leggende, prima tra tutte quella per cui i genitori avrebbero ipotecato la casa in Australia per trasferirsi in Gran Bretagna col solo scopo di fare correre Casey ai massimi livelli. Anche le ragioni del suo ritiro non sono apparse pienamente comprensibili. A soli 27 anni lui avrebbe dichiarato che l'ambiente delle corse lo aveva nauseato e che ciò che gli interessava veramente era stare in famiglia e andare a pesca. Uno così dovrebbe uscire di scena completamente, facendo perdere le proprie tracce, invece nel 2014, appena due anni dopo il ritiro, torna protagonista con un libro dove parla della propria vita. Edito da Mondadori e scritto insieme al giornalista e commentatore televisivo Matthew Roberts, che segue il Motomondiale da 13 anni, è uno dei libri più interessanti sulla MotoGP perché è stato scritto col chiaro intento di spiegare molte delle cose che avevano fatto passare Stoner per antipatico. Ovviamente si tratta della sua campana, ma è sacrosanto che questa campana ci sia, visto che spesso, per lui, parlavano gli altri, talvolta travisando.

 

IL PADRE-PADRONE

Questo libro non ha nulla a che fare con "Open", il libro di André Agassi che accusa il padre di avergli rovinato l'infanzia facendolo giocare a tennis come uno schiavo. Colin Stoner, il papà di Casey, era un appassionato di moto che correva da "privatone", per divertirsi. Sua moglie assecondava questa passione. I figli, Kelly (oggi 35enne) e Casey (oggi 29enne) vennero iniziati alla moto fin da piccoli, ma non costretti. Kelly gareggiava già a 7 anni (contro i maschi) e andava pure forte. Casey voleva farsi mettere in sella a 10 mesi. A 18 mesi sapeva già gestire l'acceleratore. A tre anni andava in giro con la Yamaha PW50 della sorella (guardate nella gallery...). I genitori capirono subito che lui aveva talento e decisero di fargli fare una carriera agonistica come si deve. E lui era d'accordissimo. Dato che guadagnavano poco, impostarono la loro vita concentrandosi unicamente sulle gare. Casey usava moto di seconda mano, che il padre curava con grande attenzione. Tutti i soldi che i genitori e Casey stesso (vincendo le gare) guadagnavano venivano messi da parte per le corse. Niente giocattoli, niente viaggetti, niente svaghi.

 

IL TALENTO

Noi umani tendiamo a schematizzare gli eventi a livelli estremi. La carriera di Stoner viene divisa in due: fino al 2006 è il "Rolling Stoner" che cade sempre. Dal 2007 in poi è lo Stoner velocissimo che vince due Mondiali facendo curve pazzesche con la moto di traverso. Di questa crescita improvvisa si sono dette tre cose, sostanzialmente. La prima: "È un talento, la sua forza sta nell'accelerare prima degli altri perché si butta giù col corpo per piegare meno degli altri". Questo è vero e lo dice lui stesso. La seconda: "Nel 2007 vinse il titolo perché la sua Ducati era un missile che stracciava tutti in rettilineo". Questa affermazione lui la contesta: la sua Ducati era un missile soprattutto perché lui, grazie al suo modo di fare le curve con la moto meno piegata degli altri, poteva iniziare ad accelerare prima. Anche Pedrosa fa così, spiega Stoner, quindi è per quello che schizza via in uscita di curva e non solo perché è leggerissimo. Terza affermazione: "Stoner è un giovincello nato e cresciuto con l'elettronica, per cui si fida ciecamente dei moderni sistemi di controllo trazione e quindi spalanca il gas prima dei veterani, gente che s'è fatta le ossa dosando la potenza col polso destro". Questa cosa si sentiva dire di continuo, forse persino per bocca dello stesso Rossi. Ma se guardiamo come Casey ha iniziato ad andare in moto, capiamo che quell'affermazione è una boiata. Dai tre ai 14 anni Casey ha guidato solo su sterrati. Ha sempre vissuto in campagna e ha iniziato la carriera con il dirt track.

Il punto essenziale dei suoi inizi è che lui non faceva come avrebbero fatto altri bambini di tre anni, ovvero prendere la motina, uscire dallo steccato della fattoria e vagare per le campagne fino a trovarsi nei guai. No, lui già a tre anni concepiva la moto come un mezzo dove imparare le acrobazie migliorando di continuo. S'è ritrovato questa cosa nel dna. E l'acrobazia che prediligeva era la derapata su fondo viscido, al punto che chiedeva al padre di innaffiargli l'aia in modo da poter fare le curve sul fango. A quattro anni sapeva fare otto "donut" di fila sull'erba bagnata, stando in piedi sulle pedane. "Donut" sono le ciambelle a forma di cerchio: in pratica, lui faceva dei 2.880° stando in piedi sulle pedane, a quattro anni... Non aveva giocattoli, gli interessava soltanto andare in moto e migliorarsi ogni giorno, come il gabbiano Jonathan Livingston. A cinque anni ha iniziato a gareggiare, vincendo fin da subito. Erano gare di dirt track (sia short sia long) che si svolgevano su fondi scivolosi, come l'argilla liscia impregnata d'olio, scivolosa quasi quanto il ghiaccio (ecco perché spesso sono gli australiani i più veloci quando piove, nella MotoGP). Ci passò otto anni su quelle piste, vincendo tantissimo e diventando l'imperatore della derapata controllata, tanto da vincere 70 titoli nazionali in svariate classi. Più che essere un bimbo nato e vissuto nell'era del traction control, lui è uno che il controllo di trazione voleva abolirlo. A 7 anni ebbe l'idea di usare anche il freno anteriore nel dirt track, per il semplice motivo che tutti usavano solo quello posteriore, quindi era una strada da seguire per trovare un modo di guidare migliore. Così imparò a fare i tornanti con entrambe le ruote bloccate, girando su se stesso per avere la moto già pronta per accelerare in uscita di curva.

 

INTROVERSO

Casey Stoner è considerato odioso da molti appassionati di MotoGP, ma non perché la sua smania di vincere lo portasse a dire frasi sopra alle righe, a sminure i rivali (Rossi escluso) o a passare sopra qualsiasi cosa pur di vincere. Anzi, è sempre stato tra i piloti più corretti. Il motivo di tale antipatia è che era sempre serio, spesso polemico e persino bacchettone. Si è sposato ad appena 22 anni con un laconico "è la cosa giusta da fare" come risposta a chi gli chiedeva se non fosse troppo giovane.

Leggendo la sua biografia si capisce perché fosse così introverso. I genitori erano gente di campagna: bracciante lui e figlia di un allevatore di cavalli lei. Vivevano come nomadi, chiedendo lavoro nelle varie fattorie (quelle sterminate che si trovano in Australia) e stabilendosi in case provvisorie che abbandonavano quando il lavoro finiva. In ogni fattoria, infatti, il lavoro non era eterno, a causa della ciclicità delle coltivazioni, o delle carestie. Quindi, per quella famiglia era normale stabilirsi in una casa e viverci qualche mese, sapendo che l'avrebbero abbandonata presto (se leggete che Casey era di Kurri Kurri, con battute spiritose sul nome, sappiate quindi che era solo una località presso la quale visse per un breve periodo). La casa era sempre in mezzo alla campagna, cosa che consentiva a Casey di guidare la moto in sterrato per migliorare la sua tecnica, ma non di frequentare altri bambini. Avrebbe potuto conoscerne a scuola, ma fu subito vittima di pesanti episodi di bullismo, così che dopo pochi mesi venne ritirato e, da allora, riceveva l'istruzione direttamente a casa, con maestri a domicilio. Gli unici bambini che frequentava erano quelli che bastonava nelle gare di dirt track, dove però era malvisto un po' perché vinceva sempre e un po' perché suo padre aveva un caratteraccio e si faceva odiare da parecchia gente. Tutto questo fa capire come un bambino possa crescere sviluppando il carattere di un orso. Alla prima gara della sua vita, a 5 anni, scoppiò a piangere sulla linea di partenza perché non era abituato a essere osservato da così tante persone. Però non era uno che odiava l'umanità. A leggere il libro si capisce che lui era portato a diffidare di tutti e a dare il cuore solo ai pochi di cui capiva che poteva fidarsi.

 

MOLLARE TUTTO

La leggenda vuole che gli Stoner abbiano abbandonato una bella fattoria in Australia per tentare la sorte in Gran Bretagna, solo perché il piccolo Casey vinceva le gare per bambini. In realtà, la cosa è stata meno folle di quello che sembrava. I genitori di Colin, ovvero i nonni di Casey, erano inglesi, emigrati in Australia in cerca di fortuna. La famiglia aveva contatti e sapeva che l'Inghilterra era un posto eccellente come base per correre ad alto livello nella velocità. Quando Casey aveva 13 anni, infatti, i suoi genitori decisero di lasciare il dirt track per la velocità in pista. Ma in Australia puoi correre solo a 14 anni e se un'associazione chiamata AJRRA ti dà il benestare. E a Casey non lo diede: dentro quell'associazione c'erano parecchie persone che odiavano gli Stoner per via delle interperanze del padre. Quindi, volenti o nolenti gli Stoner erano costretti a emigrare da qualche parte, se volevano far correre il figlio nella velocità. A loro abbandonare la casa veniva naturale, visto che erano dei nomadi. In Gran Bretagna avevano dei parenti e anche delle persone che avevano proposto loro più volte di far gareggiare il figlio lassù, promettendo la loro assistenza. Ed è così che andarono le cose. La figlia Kelly rimase, gli altri tre partirono. Una volta in Europa comprarono subito un camper e si misero a girare con quello. Casey strinse amicizia con altri ragazzini promettenti come lui, in testa a tutti Chaz Davies e Leon Camier, destinati a farsi notare in Supersport e Superbike. Ma venne notato da Alberto Puig per le sue doti di guida (che stupivano anche noi europei) e inserito nei tostissimi campionati spagnoli per giovani, dove si trovò a lottare con ragazzini chiamati Jorge Lorenzo e Daniel Pedrosa.

 

GLI AIUTI E L'INGRATITUDINE

Una volta sbarcato in Europa, nel 1999, Casey ha trovato una strada in discesa. Ovunque trovava persone disposte ad aiutarlo, o con soldi e sponsorizzazioni, o raccomandandolo presso team o persone potenti. Lo stesso Carmelo Ezpeleta della Dorna s'è prodigato per farlo accedere alla classe regina, la MotoGP, mettendo persino dei soldi. Tutti questi aiuti gli sono stati rinfacciati contro al momento del ritiro, avvenuto nel 2012. Ma lui non si sente un ingrato: nessuno dà nulla per nulla, chi lo aiutava lo faceva per se stesso, per sfruttare tale talento a vantaggio dei propri interessi. Nel libro comunque lui fa precise distinzioni tra chi s'è rivelato un vero amico e chi invece era cinicamente interessato solo a guadagnare sfruttando il suo talento. Due esempi: Alberto Vergani, presidente di Nolan e Randy Mamola, il famoso "eterno secondo" della classe 500 durante tutti gli anni 80. Alberto aiutò Stoner e Pedrosa agli inizi della loro carriera nel Mondiale e Casey, per gratitudine, decise di restargli fedele anche quando i caschi ebbero evidenti problemi di appannamento (Pedrosa cambiò sponsor, invece). Successivamente Mamola si offrì come manager e trovò un accordo con un altro produttore di caschi che offriva più soldi. Nel mondo delle gare e degli sponsor è normale seguire chi ti paga di più, ma Stoner non volle abbandonare Nolan neanche in questa occasione... e abbandonò Mamola, giudicandolo troppo cinico. La faccenda si rigirò a favore del nostro, perché poco tempo dopo Vergani gli diede il doppio dei soldi. Lui ha sempre parlato bene anche di Lucio Cecchinello, per il quale ha corso prima di passare alla Ducati. Di Massimo Biagini, che è stato suo team manager durante i primi anni del Motomondiale, dice che era un ingegnere con una grande esperienza, ma che non era capace di fidarsi di lui. Avendo trascorsi diversi dai piloti europei – che iniziano con le minimoto -  Biagini non si fidava delle indicazioni di uno che arrivava dal dirt track, mentre in seguito c'è stata grande intesa con Massimo Branchini e con l'ingegnere elettronico Cristian Gabarrini.

 

ROLLING STONER

Questo geniale soprannome è stato affibiato a Casey Stoner per via delle sue cadute. Nel 2002 piombò, nel Mondiale classe 250 cc, questo biondino con gli occhi blu del quale gli appassionati non sapevano nulla. Nel 2001 aveva corso solo due gare, da wild card, nella classe 125, quindi non aveva una grande esperienza. Fin da subito si rivelò velocissimo, ma troppo incline alle cadute. Venne quindi declassato alla classe 125, dove riuscì a vincere una gara già nel corso del 2003 e dove corse anche nel 2004. Nel 2005 tornò in 250 e si mise in evidenza vincendo cinque gare e piazzandosi al secondo posto nella classifica generale finale. A quel punto passò in MotoGP, fortemente voluto e aiutato da Ezpeleta, che vedeva in lui uno dei futuri mattatori della categoria. Inizialmente avrebbe dovuto correre con una Yamaha gestita da Cecchinello, ma poi i giapponesi si tirarono indietro; allora fu Sito Pons a farsi avanti, proponendo una Honda, ma non trovò i soldi; fu così che Ezpeleta aiutò economicamente Cecchinello a dare una Honda a Stoner. Era il 2006 e Stoner si mise in evidenza perché era velocissimo sul giro singolo, ma inconcludente sulla lunga distanza: finiva spesso per terra. Terminò all'ottavo posto finale vantando, come migliori risultati, un secondo posto e tre quarti posti... ma con il macigno di ben sei cadute in gara. Era facile giudicarlo uno poco affidabile.

 

LA TEORIA DEL COMPLOTTO

Ma la sua spiegazione dei fatti è brutale: sostiene che, durante le prove, Michelin lo usasse, a sua insaputa, come cavia per fargli testare delle gomme che avrebbe poi dato a chi voleva fare vincere. Per la gara gli davano delle gommacce che cedevano sul più bello, facendolo cadere. Come accusa è pesantissima, anche perché quando un pilota cade ci può rimettere la pelle, ma viene rilanciata dalla "teoria del complotto" che i fan di Rossi sostengono per spiegare come mai Valentino cadde durante l'ultima gara del 2006, a Valencia. Si tratta dell'episodio più triste dell'intera carriera di Rossi: erano i primi giri, aveva il titolo mondiale in tasca, stava guidando a un ritmo più basso del normale dato che erano ancora nelle prime fasi, quando finì per terra senza capire perché. La "teoria del complotto" dice che Michelin avesse interesse a far vincere Hayden, dato che il mercato Usa era molto importante. Si tratta di un'affermazione che è sempre stata considerata, dai più, alla stregua degli Ufo o delle scie chimiche che i governi creerebbero per modificare il clima: una cazzata. Ma sentire Stoner avvallarla, sapendo quanto lui sia ostile a Rossi, fa impressione. Casey si sentiva prendere in giro e chiamare, con disprezzo, "Rolling Stoner" e si stava convincendo che, nella MotoGP, ci fossero dei giochi di potere molto potenti, che falsificavano i valori in campo e che nulla avevano a che fare con la sua leale concezione dello sport.

 

DUCATI

Uno dei motivi principali per cui Stoner accettò l'offerta Ducati fu, perciò, il fatto che questa moto montasse gomme Bridgestone. Stoner passerà alla storia per essere stato l'unico pilota in grado di far vincere le Ducati dal 2007 fino ad oggi. Qualunque altro pilota le abbia guidate (Capirossi, Melandri, Hayden, Rossi, Dovizioso, Iannone, Barbera, Crutchlow, ecc.) non è mai stato in grado di lottare per la vittoria (l'unica di Capirossi del 2007 fu dovuta a un provvidenziale cambio gomme). Stoner non dà grandi spiegazioni su questa sua superiorità. Spiega che era una moto difficile da mettere a punto, che dava il meglio nei curvoni veloci ma alla quale era difficile far cambiare direzione. Ogni curva aveva una sola traiettoria possibile, con quella moto. Ma le gomme erano una favola, perché erano le stesse che usava durante le prove, per cui poteva fidarsi, cosa che gli era mancata nel 2006. Così, nel 2007 passò dalla gioia e dalla incredulità per avere vinto la sua prima gara in MotoGP (durante l'esordio del campionato, in Qatar) alla consapevolezza che poteva vincere persino il titolo. Vinse altre nove volte. In Ducati stava benissimo e credeva veramente alla teoria della grande famiglia italiana devota alle corse e ai suoi piloti.

Invece poi cambiò idea. Il quadro idilliaco si incrinò già durante la stagione invernale che precedette l'inizio del campionato 2008. Secondo lui, Ducati si sedette sugli allori e non sviluppò la moto duramente come sarebbe stato giusto fare. Honda e Yamaha, scottate da questa sconfitta inattesa, si migliorarono, mentre a Bologna fecero poche modifiche, non molto efficaci. Casey scoprì che la moto aveva un avantreno peggiore, di cui fidarsi poco. Vinse subito in Qatar, poi per sei gare dovette fronteggiare diversi problemi, collezionando anche un undicesimo e un sedicesimo posto. Poi rinacque. Aveva già vinto tre gare di fila quando andò a Laguna Seca, deciso a vincere il suo secondo campionato di fila.

 

ROSSI, UN PESSIMO RAPPORTO

Stoner parla male di pochi piloti, nel suo libro. Dice che, a inizi carriera, Lorenzo era odioso e pericoloso, ma che poi ha capito che aveva un atteggiamento sbagliato, è diventato simpatico e meno scorretto e, anche se tale cambiamento è sembrato avvenire a tavolino, di fatto è stato possibile farci amicizia. Con Pedrosa c'è sempre stata stima reciproca. C'è solo un pilota che esce male da questo libro ed è Valentino Rossi. Pensavamo che, scrivendone a freddo e lontano dal clamore delle corse, riuscisse a valutare il suo rapporto con l'italiano con un maggiore distacco. Invece no: con molta flemma spiega perché Rossi, proprio, non gli va giù. Dall'esterno quello che si capì fu che Rossi, superando Stoner al Cavatappi di Laguna Seca con una manovra pazzesca, gli diede una botta psicologica non indifferente, che lo rese insicuro, tanto da finire tre volte per terra in tre gare di fila, perdendo così il titolo.

Ma Stoner ha un'altra teoria: cadeva perché la moto era peggiorata e ce l'aveva con Rossi perché questo, a differenza degli altri, aveva una tale smania di vincere che lo portava a fare manovre scorrette, che costringevano gli altri a chiudere il gas per non volare fuori pista. Anche in questo caso, come nel caso di Michelin, sono affermazioni pesantissime. Vincere a tutti i costi significava non avere un talento di guida superiore, come si è sempre detto di Rossi, ma fare incetta di titoli sulla pelle degli altri. Dove una persona leale e corretta chiudeva il gas, Valentino lo apriva. Occorre fidarsi del proprio rivale, quando arrivi a 340 orari in staccata su un curvone con lui che ti sta accanto. Stoner si fidava di tutti, tranne che di Rossi. Per questo ce l'aveva con lui e ce l'avrà sempre. Nel caso specifico di Laguna Seca, lui sostiene che Rossi aveva capito che la Ducati permetteva un'unica traiettoria, per cui si adoperava con azioni di disturbo atte a fargli prendere altre traiettorie. In questo caso non sta sottolineando eventuali scorrettezze, ma come con una tattica furba si possa vincere anche senza essere i più veloci. E in questo, chapeau a Rossi.

 

IL LATTOSIO

La carriera di Stoner viene spesso accostata a quella di Freddie Spencer, per alcune similitudini. Entrambi arrivano in Europa giovanissimi e vincono mostrando un talento incredibile. Entrambi introducono un nuovo stile di guida, con lo scopo di accelerare prima degli altri in uscita di curva: Spencer tramite le traiettorie spezzate, Stoner buttandosi col corpo all'interno per piegare meno la moto. Tutti e due sono introversi. Ed entrambi smettono di correre di colpo, senza spiegazioni convincenti. Spencer indicò una tendinite come causa della sua uscita di scena, mentre Stoner, prima di ritirarsi ufficialmente nel 2012, già nel 2009 saltò diverse gare perché si sentiva fiacco. Partiva bene, poi crollava e cedeva posizioni. Dato che i medici non riuscivano a capire cosa avesse, decise di andare in Australia, dove nel frattempo aveva messo su casa e famiglia. Qui staccò completamente col Mondiale, frequentando un medico che sulle prime non seppe aiutarlo. A leggere il libro, la cosa appare semplice: lui sta malissimo, in moto non rende, non si capisce cos'abbia finché non gli danno una cura a base di lattosio che lo fa stare ancora peggio. Allora si capisce che è colpa del lattosio, guarisce, torna al Mondiale e vince due gare entro la fine della stagione, ma senza andare oltre il quarto posto della classifca finale assoluta. Lui che avrebbe potuto vincerlo. Nel libro si sente la sua delusione quando si rende conto che, in Ducati, diverse persone non gli credono. Va a pesca per svagarsi e i giornali mostrano le foto di lui che pesca per dimostrare che non sta affatto male. Ma noi ricordiamo bene come abbiamo vissuto questa cosa: vista dal di fuori sembrava veramente un capriccio. Stoner si era già fatta la fama di odioso, per cui quelle foto di lui che pescava sembravano veramente  una presa per i fondelli. Tra le varie ipotesi girò persino la voce che lui fosse in rotta con la Ducati perché un personaggio di spicco della Casa bolognese avrebbe avuto una relazione con sua moglie Adriana. Invece questa persona figura tra le poche di cui Stoner parla sempre bene, nel libro. Il fatto è che se stai antipatico alla gente questa penserà sempre il peggio possibile, nei tuoi riguardi

L'episodio del lattosio ha creato una spaccatura tra Stoner e la Ducati. Alcuni dirigenti della Casa, così come membri della stessa squadra, lo hanno criticato ferocemente. L'amore era finito. Casey ha corso con la Casa italiana ancora nel 2010, riuscendo a vincere tre gare, ma finendo a terra più volte per colpa di un avantreno che non gli dava fiducia.

 

ROSSI ALLA DUCATI

Così nel 2011 Stoner è passato alla Honda (portandosi dietro parecchi meccanici Ducati, tutti italiani) e il suo posto è stato preso proprio dal suo nemico Valentino Rossi. Stoner era contento da una parte e scontento dall'altra. Contento perché non gli andava giù che Rossi desse il merito delle vittorie di Stoner alla Ducati e non alla sua abilità di guida, per cui non vedeva l'ora di vedere il pesarese andare in crisi. Cosa che successe. In realtà era evidente che chiunque non fosse Stoner in sella alla Ducati crollava. Valentino non andava in giro a dire che Stoner vinceva per merito della Ducati: lo aveva fatto solo nel 2007, quando veniva stracciato in rettilineo. Ma non poteva non notare che Capirossi, che nel 2006 aveva vinto tre gare, nel 2007 faticava a piazzarsi all'ottavo posto. Comunque, Rossi con la Ducati non ingranò mai e di questo Stoner sta godendo ancora adesso. Nel 2011, in Spagna sotto l'acqua, Valentino attaccò Casey in curva, all'interno, perdendo aderenza e investendolo. Poi Rossi, aiutato dagli addetti a bordo pista, ripartì e terminò quinto, mentre Stoner venne aiutato solo dopo e non riuscì a ripartire. Ebbe quindi la conferma che il Mondo tifava per il nostro pilota e questa cosa gli aumentò la rabbia. "La tua ambizione supera il tuo talento", disse Stoner a Rossi. E, nel libro, ribadisce il concetto: lo pensa tuttora.

Il motivo per cui però l'australiano non era contento dell'arrivo di Rossi alla Ducati (al punto che scrive "il rosso, riconoscibile nel Mondo come quello Ferrari, venne contaminato dal giallo fluorescente") è che temeva che questo avrebbe portato al siluramento di Filippo Preziosi, il progettista con cui Stoner andava molto d'accordo. "Se Rossi vince è merito suo, se perde dà la colpa alla moto e al suo progettista". Ci avrebbe preso, in effetti: in due anni, Valentino non ha vinto una sola gara e Preziosi è stato allontanato dal suo ruolo. Stoner osserva grosse differenze di lavoro tra lui e gli altri. Uno come Rossi, o come Lorenzo, lavora per gradi in settori rigidamente separati. Se considera un aspetto tecnico, lo analizza e ci lavora finché non lo migliora, poi passa a un altro settore. Invece, sempre secondo Casey, con la Ducati occorreva seguire l'istinto, essere meno rigidi, per venire a capo dei suoi problemi.

 

HONDA CONTRO DUCATI

Una volta finito l'amore con Ducati – o meglio, con alcuni dei suoi dirigenti – Stoner ha accettato l'offerta della Honda HRC. Essendo fin da piccolo fan di Mick Doohan, considerava correre per la HRC il coronamento della sua carriera. E le cose andarono alla grande. Non solo la moto andava molto meglio della Ducati, ma lui preferiva addirittura lavorare con i dirigenti giapponesi piuttosto che con gli italiani. Sfatando un mito comune, lui afferma che ci si senta più in una grande famiglia alla Honda che alla Ducati e che i giapponesi siano più spiritosi degli italiani. Se vinci alla Honda, sempre secondo lui, vieni coccolato e valorizzato più che alla Ducati. Comunque, il passaggio di Stoner alla Honda e di Rossi alla Ducati evidenziò che Stoner era ancora più forte di quello che si era capito fino ad allora. Ci si aspettava che l'australiano avrebbe vinto il Mondiale per una decina di volte consecutive, ma non andò così. Lui stesso spiega che sì, è vero che in uscita di curva era il più veloce, ma anche che in staccata c'era chi lo batteva. In ogni caso, il 2011 è stato un anno trionfale, per lui, con dieci vittorie e la conquista del secondo titolo mondiale.

 

IL RITIRO

In quel periodo s'è creata una spaccatura tra i piloti. Stoner si era alleato con Pedrosa e Lorenzo nella loro lotta contro i sorpassi sporchi, che vedevano contrapposti soprattutto Simoncelli e Rossi. Ma non hanno avuto un grande successo. Al pubblico piacciono le spallate e le carene contro carene. Rossi e Simoncelli difendevano le loro condotte di gara sostenendo la solita teoria "le corse in moto non sono danza classica". Lorenzo non era credibile, per via delle sportellate date a destra e a manca fino a poche stagioni prima di questa e Pedrosa era addirittura ridicolo, dato che era stato lui a stendere Hayden nel 2006, quando erano compagni di squadra e Nicky era in testa al Mondiale. Infine, anche da parte dell'organizzazione, vedi Ezpeleta ma anche Paul Butler, direttore di gara, non arrivava la condanna nei confronti della guida aggressiva. Stoner era l'unico ad avere la fama di pilota corretto e pulito e non digerì questo atteggiamento da parte della Dorna. Quando poi Simoncelli morì, travolto da Rossi ed Edwards, alla fine del 2011, Stoner ebbe la sensazione che quell'incidente non avrebbe insegnato nulla e che sarebbe stato dimenticato presto. Leggendo il libro non si sente parlare di nausea verso questo sport (Stoner correva senza sosta da 22 anni), ma di voglia di stare in famiglia, di sfiducia verso la Dorna, di sensazione di essere un po' delle marionette lanciate in uno sport pericolosissimo ma non per chi ne tira le redini. L'arrivo delle CRT è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: delle moto praticamente derivate di serie iscritte al campionato dei prototipi gli hanno sminuto il valore della MotoGP. Lui avrebbe voluto correre con le 500 a due tempi senza controllo di trazione, come il suo idolo Mick Doohan.

 

CONCLUSIONI

A fine libro viene meno facile giudicarlo odioso. Certamente è la sua campana, ma già il fatto che abbia scritto un libro di quasi 240 pagine per spiegare le sue ragioni, a un ambiente che lo ha disgustato, fa capire che in realtà ci teneva ad essere accettato. In diverse pagine racconta quanto soffrisse ad essere insultato dagli spettatori, specialmente da quelli inglesi. Resta un grande rammarico: non averlo mai visto correre contro Marc Marquez.

 

  • Autore: Casey Stoner (con Matthew Roberts)
  • Titolo: Oltre ogni limite
  • Editore: Mondadori
  • Pagine: 238
  • Prezzo: 17,90 euro
© RIPRODUZIONE RISERVATA