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Il ruggito del Leoncino

Il leone di Pesaro si fa largo nel mercato delle entry-level con un modello elegante ed evocativo, a un prezzo molto appetibile. L'abbiamo provato sulle strade tra Pesaro e Urbino
1/17 L'albero motore a fasatura a 360 gradi; il contralbero ha due masse controrotanti.
Foto di Alberto Cervetti

A Pesaro si respira entusiasmo e ottimismo. Il responsabile commerciale della Benelli, Gianni Monini, vede roseo il futuro dell'azienda: "Abbiamo le spalle forti, il gruppo Q.J. proprietario di Benelli ha tanta voglia di fare, e recentemente una grossa quota è stata acquisita dal colosso Geely (holding cinese dell'automotive proprietaria, tra gli altri, di Volvo e Lotus, ndr) e questo significa iniezione di capitale e disponibilità per investire in nuovi progetti. A Eicma vi stupiremo con tantissimi modelli inediti; probabilmente saremo la Casa con il maggior numero di novità".
Addirittura! Nell'attesa, eccoci in sella alla Leoncino, il cui primo prototipo è stato presentato già al Salone di Milano del 2015. Nelle vetrine potremo vederla a partire da questo ottobre, intanto ci abbiamo fatto un bel test sulle colline marchigiane, tra Pesaro, Urbino e Urbania, dove le curve sembrano disegnate apposta per esaltare le caratteristiche di guida della Leoncino. Prima di salire in sella però, un appunto: l'esemplare in prova è un modello preserie su cui si è sviluppata la moto definitiva, che differirà per alcuni piccoli dettagli.

Le curve sono il suo pane

Uno di questi particolari è la strumentazione che, in piena luce, ha così tanti riflessi da risultare quasi illeggibile. Peccato, perché il design è elegante, con una raffinata retroilluminazione blu, le informazioni complete, gli indici numerici belli grossi. Il contagiri poi, un semicerchio di LED che si illuminano in sequenza, ci è sembrato un po' impreciso. Ma i difetti finiscono tutti - o quasi - qui. Perché la Leoncino è una piacevole sorpresa.
Tanto per cominciare l'ergonomia: a prima vista temevamo che il serbatoio, privo di incavi per accogliere le ginocchia, obbligasse a guidare con le gambe "a rana". Invece è ben raccordato alla sella e si lascia stringere senza difficoltà, accrescendo la percezione di avere tra le cosce una moto "vera", non una compatta entry-level, anche per chi, come lo scrivente, supera i 180 cm di altezza.
Il piano di seduta è abbastanza basso da consentire di poggiare saldamente i piedi a terra, ma anche giustamente distanziato dalle pedane per non affaticare nei percorsi a medio raggio, in cui la Leoncino si lancia volentieri.
Il manubrio appare molto largo, ma si agguanta facilmente e restituisce una sensazione di pieno controllo. In manovra e alle basse andature somma il suo aiuto al baricentro basso e al peso contenuto (207 kg col pieno di benzina), anche se avremmo gradito un po' più di sterzo.
Certo che così, a braccia aperte e distese, il busto raccoglie tanta aria viaggiando veloci. Ma la Leoncino non trova la sua dimensione nei noiosi trasferimenti autostradali: le curve sono il suo pane. Accompagna il neofita e il motociclista di ritorno con una guida sempre prevedibile. È facile e maneggevole, ma non sveltissima. Nonostante quote raccolte infatti, predilige una conduzione rotonda, che raccordi le curve, non le aggredisca.

Motore: da godere ai medi regimi

Le sospensioni sono curiosamente sostenute, rigide, quasi sportive, specie l'anteriore, eppure non è una moto da guida spigolosa. A proposito: la forcella del nostro esemplare è priva di regolazioni, mentre il modello di serie beneficerà della regolazione idraulica in estensione. E comunque, ci confermano in Benelli, anche la taratura sarà leggermente diversa, un po' più confortevole.
Quello che invece è definitivo, sta imbrigliato nel telaio in tubi d'acciaio. Il bicilindrico in linea, praticamente identico a quello della TRK502, ha anzitutto un bel sound: un ruggito pieno, con un bel respiro cupo in aspirazione, ma per nulla chiassoso. Un leone in fasce che aspetta solo di scorrazzare all'inseguimento delle prime prede. La voce del mezzolitro anticipa il carattere e l'erogazione, regolare e più che sufficiente per divertirsi, anche se non siete motociclisti di primo pelo.
La scheda tecnica parla di una potenza contenuta, che non spaventa, adatta anche a chi possiede la patente A2; ma quello che ci piace è l'elasticità, la progressione e la bella spinta da godere ai medi regimi.
E poi vibra poco: un ronzio appena avvertibile alle pedane, meno a sella e manopole, mai davvero fastidioso. Un lieve effetto on/off nella prima apertura è riscontrabile, però non disturba troppo la guida. Ai bassi manca un po' di grinta, ma è un aspetto comune ad altri motori di pari cilindrata: per uscire con brio dalle curve basta scalare una marcia. Tanto il cambio, con una rapportatura abbastanza ravvicinata, è preciso e non troppo contrastato negli innesti, mentre la frizione è bella morbida e ben dosabile.
Modulabili anche i freni, non particolarmente aggressivi, nonostante la presenza di un generoso impianto anteriore, ma caratterizzati da un attacco progressivo e da una potenza che arriva proporzionalmente a quanto si strizza la leva. Buona anche la resa del posteriore, utile nel correggere la traiettoria.
L'ABS non è troppo invasivo ed è escludibile. Così ci siamo concessi anche una breve divagazione su un facile sterrato: la Leoncino non si ferma, pur con qualche limite dovuto al manubrio un po' basso e alle sospensioni, che se sono rigide per l'asfalto, figuratevi sullo sterrato. Ma per chi ama percorrere - anche solo nelle intenzioni - le strade bianche, arriverà presto la versione Trail, con ruote a raggi e maggiore corsa per le sospensioni.

In bilico tra classico e moderno

Durante tutta la giornata di prova immaginiamo con quale concorrenza vada a scontrarsi la Leoncino. Tra le bicilindriche entry-level pensiamo subito alla Ducati Scrambler Sixty2, che però è più "giocattolosa"; ma anche la Moto Guzzi V7 III, pur con una cilindrata più generosa, è nel mirino.
È una bella alternativa alla Honda CB500F, anche se la giapponese ha tutt'altro stile, senza richiami al passato: può piacere ai ragazzi più giovani, mentre la Leoncino ammicca ad un pubblico più maturo, attento allo stile. E qui ce n'è in abbondanza. A ben guardarla infatti, questa Benelli è piena zeppa di dettagli che riconducono alla linea curva di un arco. Ce lo racconta il designer Stefano Casanova: il semicerchio, che in più punti si ripete e si chiude in una sorta di ovale, è ovunque: nei fari, nelle frecce, nei badge sui carter, nella strumentazione, nel disegno a rilievo delle manopole, nel tappo della benzina e persino sulla chiave di avviamento.
Tutto però parte dal serbatoio, in metallo e con un inserto in plastica che culmina nel logo della Casa di Pesaro. Ci soffermiamo anche sulla colorazione: un rosso cupo che è stato scelto perché, dice Casanova: "Esprime sportività ed eleganza, che sono caratteristiche comuni alle moto e alle auto italiane. E poi: guardate il parafango anteriore: sembra l'unghia laccata di una donna, raffinata ma pronta a graffiare".
Non ci siamo ancora espressi sul prezzo, identico alla sorella TRK502: 6.240 euro indicativi chiavi in mano. Appetibile in termini assoluti per una moto di queste prestazioni, ma ancor più interessante se si tiene conto della buona qualità della compontentistica, dell'estetica accattivante e, non da ultimo, del balsone di un Marchio che ha oltre cento anni di storia alle spalle.


L'articolo completo è stato pubblicato su Motociclismo - settembre 2017
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