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Vi spieghiamo le sospensioni, parte 1: le molle e l’assetto

Oggi le sospensioni ci permettono di regolare la moto a piacimento, correggendo l’assetto, i movimenti, il comportamento in frenata, in accelerazione, il comfort e il feeling. È un argomento complesso quanto affascinante: andiamo a scoprirlo iniziando dalle molle

Vi spieghiamo le sospensioni, parte 1: le molle e l’assetto

La sospensione lega il telaio alle ruote e ha il compito di tenere (appunto) sospesa la moto. Un lavoro molto complesso, che deve garantire il massimo controllo del mezzo - ovvero assicurare il contatto tra pneumatico e suolo il più costante possibile - e anche un buon comfort. Oggi le sospensioni hanno raggiunto un grado di sofisticazione molto elevato, e anche sui modelli di fascia media troviamo unità di alto livello, ottimamente funzionanti e anche regolabili (ecco quali sono, per voi lettori, le sospensioni migliori per una moto). Districarsi tra i registri però non è facilissimo, anzi, la dinamica di un mezzo a due ruote è molto complessa e per di più è influenzata anche dalle capacità e dai movimenti del pilota. Infatti spesso vediamo che anche le più grandi squadre e i più forti piloti del Motomondiale spesso sono in difficoltà con la messa a punto; pensare quindi di sistemare la nostra moto con qualche consiglio e due click è dir poco ottimistico. Ma l’argomento è quanto mai affascinante, vediamo di affrontarlo iniziando dai principi di base.

 

Non trascuriamo la molla

Nel linguaggio comune usiamo il termine ammortizzatore come sinonimo di sospensione, ma è un uso improprio, poiché una sospensione si divide in tre parti fondamentali: il sistema di guida della ruota durante l’escursione (esempio il forcellone); la parte elastica (la molla); il sistema di  smorzamento, cioè la parte idraulica (ammortizzatore). Quando si pensa alla regolazione delle sospensioni la prima cosa che viene in mente è lavorare sull’idraulica, e ci si preoccupa subito dei registri, quali sono, dove sono, come agire su di essi. La molla, invece, viene spesso trascurata, commettendo un grosso sbaglio perché rappresenta una parte fondamentale della sospensione: infatti è l’elemento che gestisce e sorregge il peso della moto.

Una molla si identifica con un numero (K), una costante che indica la forza con cui la stessa risponde a uno schiacciamento; si esprime in kg/mm. Sulla moto la molla viene precaricata, cioè schiacciata di qualche millimetro dalla massima estensione; in questo modo esercita quindi una determinata spinta anche a moto ferma (con la ruota sollevata da terra). Agendo sul precarico si modifica di conseguenza la forza che essa esercita nel sostenere la moto, ed è importante ricordare che quando si varia la precarica della molla sia anteriore che posteriore si modifica anche le posizione e di conseguenza l’altezza dinamica della moto stessa.

 

La molla indurisce la sospensione?

La molla è legata alla moto, cioè va scelta in relazione al peso del veicolo e al carico che deve trasportare: pesi elevati richiedono molle adeguate - cioè più “robuste” - per sostenerli. Se uso la moto da solo, oppure con il passeggero e i bagagli, il peso sulla moto cambia sostanzialmente - in genere è quasi il doppio - e quindi sarebbe buona regola sostituire la molla con una con un indice di carico superiore, cioè più “forte”. Nella maggior parte dei casi questo non si fa, e si mantiene quella di serie, che le case motociclistiche scelgono per assicurare un buon compromesso tra la guida a solo e in coppia. Quando il passeggero sale in sella la moto si schiaccia (si “siede”), e in questo caso il libretto di uso e manutenzione generalmente consiglia di aumentare il precarico per recuperare le quote corrette; infatti aumentandolo la spinta della molla aumenta, la moto si alza e così si recuperano le giuste altezze. Attenzione però, modificare la precarica di una molla o sostituirla con una di carico diverso sono regolazioni con effetti diversi ed il primo è un sistema efficace per adattare al meglio la moto alle nostre esigenze in maniera semplice e rapida.

 

Meglio la progressione

Le molle si distinguono con l’indice di carico (il K che conosciamo), e  un tecnico sceglierà quella giusta per l’uso che verrà fatto della moto, se per il turismo, oppure per le competizioni. Nel primo caso si usano molle più morbide, cercando il miglior compromesso tra stabilità e comfort (assorbimento delle asperità); nel secondo si cerca invece la migliore prestazione, tenendo conto che la moto deve muoversi ma non eccessivamente e che il comfort non conta. In gara le molle vengono cambiate spesso, perché la situazione cambia non solo in base al circuito, ma anche in relazione al grip offerto al momento dalla pista, problema molto complesso in cui rientra la condizione limite della regolazione per la guida sul bagnato.

Le molle esistono di due tipi: con la risposta lineare o progressiva. Le prime, con spire di passo costante, semplicemente rispondono con una forza direttamente proporzionale allo schiacciamento; le progressive più comuni sono costituite da due serie di spire, una di passo più stretto e l’altra di passo più ampio. Inizialmente si schiacciano le prime, assicurando una risposta più morbida; quando sono tutte a contatto iniziano a lavorare le seconde. In pratica funziona come se si accoppiassero due molle di carico differente, ed è per questo che la linea caratteristica è composta da due rette di differente inclinazione. Questo permette ai costruttori di progettare moto in grado di copiare bene le asperità dell’asfalto e contemporaneamente sostenere la moto nelle sollecitazioni più forti. Generalmente sulle sospensioni posteriori di modelli stradali per combinare il supporto necessario al comfort si utilizzata un sistema progressivo che sfrutta la progressività dei cinematismi oppure, in loro assenza, montando una molla progressiva sull’ammortizzatore e posizionandolo con una inclinazione importante.

 

Partiamo dal libretto

Prima di mettere mano ai registri per cucirmi addosso la moto devo assicurarmi che gli ammortizzatori siano in ordine, cioè che il sistema di smorzamento sia efficiente. Una sospensione che ha lavorato più di 7.000-8.000 km sicuramente ha bisogno di una revisione, poiché in questo (purtroppo breve) utilizzo il fluido idraulico si è sporcato e riempito di bollicine d’aria. Così perde la giusta viscosità e non riesce più a svolgere il suo compito. In questa situazione la sospensione è sfrenata, e per di più non “sente” le regolazioni.

Dopo aver verificato l’efficienza degli ammortizzatori, è necessario regolare i registri dei freni idraulici come indicato sul libretto di uso e manutenzione. Così si parte da una situazione “sicura”, in genere è quella ottimale, certificata dai progettisti e dai tester della casa motociclistica. Non è detto però che sia la nostra preferita; da questa infatti possiamo allontanarci andando a toccare alcuni registri, per venire in contro ai nostri gusti personali. Ma prima di passare a questa fase raffinata iniziamo a bilanciare la moto, cioè ad aggiustare le altezze dell’avantreno e del retrotreno, poiché la dinamica è legata anche all’assetto, al baricentro e alla distribuzione dei pesi sugli assi. Anche qui il libretto di uso e manutenzione ci viene in aiuto: andiamo quindi a mettere a posto i registri dei precarichi e verifichiamo la posizione degli steli nelle piastre e l’altezza del posteriore. Poi ci infiliamo il casco e iniziamo la fase più complessa, la prova su strada: andiamo a verificare se sulla nostra moto c’è eccesso di peso davanti o dietro. Come lo capisco? Non è facilissimo, a volte faticano anche i piloti, ma ci sono degli indizi che ci possono aiutare a scoprirlo...

 

Né troppo avanti, né troppo indietro

Se il peso è sbilanciato in avanti ci sono delle difficoltà in staccata e nella fase di impostazione della curva. La frenata è più difficile poiché la moto non è stabile, e anche l’impostazione della curva è faticosa poiché la moto tende a proseguire nella sua direzione, ad andare dritta, a non imboccare la traiettoria che si vuole. Questo sintomo evidente si può verificare per due motivi: perché il trasferimento di carico sulla forcella è troppo rapido per cui non riesce a controllarlo e dopo un primo affondamento molto veloce si ferma, oppure perché si arriva troppo facilmente sul fine corsa della forcella. In entrambi i casi comunque andiamo a mettere in difficoltà il pneumatico anteriore che, stressato dal peso eccessivo o dallo stallo della forcella, non riesce dare la risposta adeguata cioè a trasferire al pilota la sicurezza necessaria per spingere. È una sensazione giusta, poiché la gomma non lavora nelle condizioni per cui è progettata e quindi non è in grado di assicurare il massimo appoggio: insistendo si potrebbe ottenere un risultato poco piacevole, la chiusura dell’avantreno. Il risultato è che il pilota, non sentendosi sicuro, non spinge la frenata a fondo, stacca meno efficacemente e non riesce a entrare dove vuole, ma un metro più in là.

L’idea comune è che una moto puntata in davanti sia più rapida in ingresso. Questo è vero ma fino a un certo punto, superato il quale si verifica la condizione ora descritta.

Se la moto è sbilanciata sul posteriore, ci sono invece dei problemi in uscita di curva: faccio fatica a tenere la traiettoria ideale perché si schiaccia il posteriore (si “siede”) e tende ad allargare. Viceversa, però, è più stabile in staccata e riesco a entrare in curva con i freni tirati e a scendere in piega. 

Per risolvere questi problemi è necessario regolare correttamente la precarica delle molle agendo sui registri in dotazione e centrando bene le altezze della moto seguendo il libretto uso e manutenzione o recandosi in un centro sospensioni. Sistemate le quote si può passare alla regolazione fine dell’idraulica. Argomento che tratteremo nella prossima puntata.

 

Damiano evangelisti

Abbiamo realizzato questo articolo in collaborazione con Damiano Evangelisti,  responsabile Tecnico del reparto Corse dell’Andreani Group. In azienda dal 2002, si occupa dell’attività racing dal 2006, fornendo preziosa assistenza tecnica a vari piloti. Nel 2012 ha vinto, con Kenan Sofuoglu, il titolo mondiale Supersport. Quest’anno l’impegno è confermato: Damiano segue sempre Sofuoglu nello stesso Mondiale.

 

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