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27 May 2016

XTR Clandestina: una Café Racer 125 sospesa tra passato e futuro

L’ultima creazione dell’officina spagnola si concentra su una piccola Bultaco 125 degli anni Sessanta e la trasforma con la consueta abilità e buon gusto, con un’attenzione particolare ai dettagli

Spagna caliente

Pepo Rosell è uno dei migliori preparatori spagnoli ed europei. Abbiamo parlato di lui altre volte, perché è stato il fondatore della RAD Radical Ducati, officina specializzata nella elaborazione estetica e meccanica delle moto bolognesi, chiusa nel 2013 e rinata due anni dopo sotto la sigla XTR (www.xtrpepo.com). Da un po’ di tempo non prendiamo in considerazione le sue moto e mi sembra giunto il momento di tornare a farlo conoscere. Una delle sue special che più avevo apprezzato era stata la Ducati F3, una 125 TS del 1963 meravigliosamente trasformata in café racer. Le suggestioni vintage erano palesi, ma c’era anche tanta modernità, con utilizzo di materiali e tecniche costruttive contemporanei. Questo mi piace di Pepo: sa mettere insieme elementi all’apparenza distanti anni luce con una semplicità e un’eleganza non indifferenti. Ad un occhio profano, le sue special possono apparire come moto belle sì, ma non particolarmente memorabili, proprio perché sono essenziali e curate a tal punto da apparire quasi di serie. E questo è notevole: non voler fare l’alternativo a tutti i costi né seguire le mode preconfezionate. Pepo si è costruito il suo stile, i suoi canoni inconfondibili, e li persegue con convinzione e tanto gusto. 

Una Bultaco da corsa

Una delle sue ultime realizzazioni è un’altra 125 (almeno, lo era in origine), sempre in stile café racer. Piccola cilindrata, grande carattere. Si chiama Clandestina e ve la mostriamo nella bella gallery di foto realizzate da Sergio Cardeña.  ‘Stavolta la base di partenza è una Bultaco, marchio al quale sono particolarmente affezionato, perché con una Alpina 350 ho imparato a mettere le prime marce (ma è una storia che ho già raccontato… E questa, ve la ricordate?). La Clandestina deriva  più precisamente da una Mercurio del 1962. In realtà della piccola stradale rimane ben poco. Parte del telaio, pesantemente modificato per trasformare la sospensione posteriore a doppio ammortizzatore in un sistema con “mono” in posizione centrale (un Betor senza regolazioni, ma settato secondo le esigenze di Pepo) senza interposizione di leveraggi, utilizzando un forcellone Yamaha SR500 modificato. Senza contare il “taglia e salda” necessario per ospitare il motore di una Bultaco Pursang 250 MK15 da cross, con cilindrata incrementata a 370 cc, alimentato da un vorace carburatore Keihin da 39 mm e “infiammato” da una doppia candela con accensione elettronica. Allo scarico, una espansione per Bultaco TSS 250.

Da Schiranna a Madrid

C’è anche un po’ di Italia, in questa bella special. Alcuni dei componenti più attuali infatti sono stati presi da una Cagiva Mito EVO (quella col “muso” della Ducati 916, per intenderci): tutto l’avantreno, i freni (Brembo serie Oro) e le ruote sono della ottavo di litro varesina. Moderne gomme (Bridgestone Battlax S20) da 17” imprimono un carattere pistaiolo e per nulla vintage alla Clandestina, ma si integrano alla perfezione con lo stile racing a cavallo tra tradizione e innovazione. L’elemento più distintivo di questo matrimonio però è dato dalle scarne sovrastrutture: il tondeggiante serbatoio della Mercurio sembra nato apposta per stare insieme al codino monoposto in fibra di carbonio della RAD 02 e viceversa. Così come la vedete, la Clandestina pesa 99 kg. Del motore 2T non vengono dichiarati dati ma, così elaborato, può arrivare ad esprimere anche una cinquantina di CV. Ora immaginatevi una moto leggera, reattiva e con questa potenza: il divertimento è assicurato. E lo stile pure.
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