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Quanto è diversa la MT-10 dalla R1?

La Yamaha MT-10 è una maxinaked sportiva dal look a dir poco personale e con una base meccanica da superbike, quella della R1. Ma dove sono intervenuti i tecnici di Iwata per “stradalizzare” la hypersport? Dove il carattere è stato addolcito e dove invece è rimasto racing? Lo abbiamo chiesto direttamente a Yamaha

Parliamo di nude arrabbiate

Piccola anticipazione: uno dei servizi top di Motociclismo di agosto sarà la comparative maxi naked sportive. Proprio in questi giorni stiamo provando su strada, in pista e al Centro prove Aprilia Tuono V4 1100 Factory, BMW S 1000 R, Ducati Monster 1200 R, KTM 1290 Super Duke R Special Edition, Yamaha MT-10 (l’ultima nostra comparativa di moto di questo genere è stata vinta dall’Aprilia).
State connessi e non dimenticate l’appuntamento con l’edicola, ma intanto potete leggere Motociclismo di giugno, in cui si parla approfonditamente proprio di una delle protagoniste della comparativa, forse la più attesa: la Yamaha MT-10.
 
In attesa della prova completa, coi rilevamenti e il confronto con le rivali di categoria, abbiamo iniziato con il test su strada firmato Aldo Ballerini e con i consueti approfondimenti con, progettisti, designer e uomini di marketing. Trovate tutto sul numero  di giugno, qui vogliamo però riproporre l’intervista in cui Oliver Grill (product planning) racconta come la R1 si è trasformata nella MT-10, cosa si è perso, cosa è rimasto e cosa… si è guadagnato.

L'ON-OFF È UN DIFETTO? NO, È UNA RICHIESTA DEI CLIENTI

Se pensi alla R1 senza carenatura e col manubrio alto, immagini una moto nervosa, aggressiva, molto lontana dalla MT-10, che ci ha colpito proprio per la stabilità. Poi scopri che il telaio è lo stesso, quote comprese; anzi, l'interasse è ancor più corto. Quindi qual è il segreto che la rende così docile?
Anni fa abbiamo fatto proprio questo esperimento, togliendo la carena e mettendo il manubrio alto a una R1. La moto era completamente inguidabile, con l'avantreno sempre a due dita dal suolo. Due punti chiave ci hanno permesso di raggiungere l'equilibrio dinamico della MT-10: l'erogazione del motore e la distribuzione dei pesi. Il motore è stato rivisto pesantemente, cambia il 40% dei pezzi, per avere una risposta più morbida; la modifica più efficace è stata l'adozione di un albero motore a maggiore inerzia, + 40%. Questo è anche servito per modificare la distribuzione dei pesi, che statica, senza pilota, è con il 51% all'anteriore e il 49% al posteriore. Poi abbiamo avanzato la posizione di guida, così nell'uso si carica ancor di più. L'interasse è più lungo sulla R1 perché la superbike raggiunge velocità vicine ai 300 km/h, e serve stabilità; la MT-10 invece è limitata a 245 km/h, e si stima che la massima velocità che in genere si raggiunge su strada sia raramente superiore ai 150 km/h.
 
Oltre ad essere stabile la MT-10 dà una grande confidenza, l'unico neo è la risposta del motore nelle mappe A e in particolare B. Perché non si è presa la buona parte iniziale della mappa standard e lasciate quelle successive, più aggressive?
L'elettronica dà la massima libertà nel disegnare la curva che lega acceleratore e apertura farfalla, quindi in teoria puoi fare tutto quello che vuoi. Poi ci sono ovviamente dei limiti, non si possono fare delle variazioni troppo brusche. La risposta brusca si può evitare ma noi l'abbiamo scelta perché è apprezzata proprio dai clienti. Paradossalmente lo è di più da un pilota con meno esperienza perché dà la sensazione di forza, è emozionante. Dà l'idea di una moto che può anche essere cattiva, senza compromessi, ed è questo il messaggio che si vuole trasmettere. Poi se usi la mappa standard, ecco che ritorna buona. Si può parlare di happy mode e crazy mode. Un'altra ragione è per diversificare le mappe. Non volevamo farne tre troppo simili, che si confondessero; così appena cambi mode e tocchi l'acceleratore sai già cosa ti aspetta.
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