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29 January 2016

Motor Bike Expo 2016: cosa m’è piaciuto e cosa meno

Un’altra edizione della fiera veronese si è conclusa: è tempo di bilanci, con uno sguardo alle tendenze e all’anno che andiamo ad affrontare

ripensando alla fiera

La domenica sera tardi sono entrato in casa e, ancora vestito, mi sono buttato sul letto. Tempo tre secondi ero già addormentato. Stanco, distrutto, prosciugato, collassato. Dopo un weekend di fiera -e che fiera, il Motor Bike Expo!- speso a fotografare moto, personaggi -non solo quelli del nostro contest - camminando su e giù per i padiglioni, respirando decine di odori, stringendo centinaia di mani, incrociando migliaia di sguardi (senza farsi distrarre dalle belle ragazze presenti negli stand, anche al nostro), con la testa già proiettata alle dieci pagine da scrivere su Motociclismo di febbraio, oltre agli articoli e alle gallery per il sito, senza contare Instagram… beh, dopo tutto questo ho mollato la tensione e ho dormito come un sasso. Ma in sogno mi sono riapparse tante immagini archiviate nel cervello e i processi onirici hanno cominciato a lavorare.
 
Una doverosa premessa
Metto le mani avanti: non venite a criticarmi per quello che troverete scritto da qui in avanti. Questo è un angolo di idee personali ed esente dalla censura dettata dal politically correct: esprimo solo un parere, non aspiro ad imporre un pensiero. Se non siete d’accordo, cliccate pure sul pulsante rosso con la X in alto a destra del vostro pc. Oppure mettete un vostro commento in fondo all’articolo: seguire i pareri dei lettori di Motociclismo è lo strumento più utile per fare meglio la rivista, proprio come piace a voi. Ma intanto…
1/17 Motor Bike Expo 2016: chopper super curato e zeppo di mille dettagli. Ma pacchiano e di fatto inutile, esagerato e kitsch

Incubi chopperistici

Lunedì mattina mi sono svegliato di buon’ora con in testa buone idee da mettere sul giornale. Ma ero inseguito da alcuni incubi: avevano gomme gigantesche, forcelle insensatamente inclinate e verniciature da far impallidire qualunque fantasia indotta dall’LSD (guardate le nostre gallery…). Sono alcune special che, per fortuna in misura sempre più ridotta, fanno parte dell’universo custom che è messo in mostra alle fiere. Devo ammettere che richiedono tantissimo lavoro, sono zeppe di particolari curati e concentrano competenze tecniche non indifferenti. Ma sono eccessive e utili come tegola rotta. Proprio non il mio genere. Al Motor Bike Expo ce ne erano in giro alcune, strascichi di quelle mode ormai defunte che sono solo orgia di colori e pacchiane raffinatezze. Forcelle e interassi lunghi come treni, gomme così grosse da far venire il fiatone al solo pensiero di spostare la moto, ergonomie e comandi che sono la gioia dei chiropratici (nel senso che se guidate una di queste special vi ritroverete la colonna vertebrale contorta come un punto interrogativo). Che senso hanno? Non so rispondermi. A guardarle nel dettaglio si notano una miriade di particolari curati, che hanno impegnato non poco chi le ha realizzate, chapeau. Ma poi, in un minestrone di componenti, presi nell’insieme spariscono, si confondono, vengono mortificati, vanificati. E poi a me piacciono le moto da guidare e queste sono solo show-bike.
 

Tutto in un quarto di miglio

C’è un’altra categoria di moto che concettualmente non mi attrae, ma che non mi lascia indifferente: i dragster. Bruciarsi tutto in poco più di duecento metri, per di più dritti, non ha molto senso per me. Ho provato, un paio di volte, delle sfide su strip. Tanta adrenalina, concentrazione al massimo e nervi saldi. La performance ha l’immediatezza e la veemenza di uno schiaffo. Ma personalmente preferisco la prolungata piacevolezza di un massaggio, se mi passate la metafora. Eppure, rimango affascinato dalla tecnica, concentratissima, delicata, precisa, tutta tesa alla massima potenza e ai CV da scaricare a terra. Non sto parlando di certe muscle cruiser con cui fare gli spari al semaforo, ma di macchine studiate apposta per i testa a testa sui rettilinei da un quarto di miglio (anche allo stand Ducati ce n’era uno, la draXter su base XDiavel). Al MBE ho conosciuto Andrea Signoretto, un ragazzo che da quindici anni frequenta e vince nell’Italian Dragster Cup. A Verona ha esposto, un po’ lontano dal fulcro della manifestazione, un prototipo esaltante realizzato da Aurelio Taffurelli, allungato come un sigaro e leggero come una matita, spinto da un bicilindrico 2T di derivazione superkart: 250 cc capace di erogare fino a 110 CV! L’oggetto mi ha incuriosito parecchio e vorrei tanto provarlo. Se ci seguite sulla rivista cartacea, avrete occasione di conoscerne i dettagli molto presto…

Special da infangare

Una delle realizzazioni più belle -a mio modesto parere- in cui sono incappato al Motor Bike Expo è una moto da Trial. L’avevo intercettata qualche settimana fa nelle mie solite divagazioni sul web alla ricerca di novità in campo special e me la sono ritrovata sotto il naso a Verona, con mio sommo stupore e piacere. Arriva dalla Francia ed è qualcosa di davvero innovativo. Miscela l’antichità (qui non stiamo parlando di finto vintage!) con tecnologia e idee contemporanee. Si chiama Terrot Vivien 500 RGS ed è costruita intorno ad un titanico monocilindrico Terrot 4T del 1946. Telaio e forcellone, ma anche serbatoio, sella e parafanghi sono in alluminio fatti a mano. E quello scarico, che è così aderente e appiccicato al telaio da risultare invisibile? Non so saltellare come uno stambecco nelle “zone” da trial, ma questa moto mi fa un sangue… La trovo adorabile. E innovativa: non sono tante le special per il fuoristrada che coniugano tecnica ed estetica così singolari. Il proprietario, insieme alla scheda tecnica, ha reso pubblico il suo contatto: remivivien.kustom@gmail.com

Giano bifronte

Nei giorni vicini alla mia scoperta della Terrot da trial su internet, mi sono trovato a chiacchierare di special con un amico preparatore con base in Brianza, nella sua officina, tra odore di metallo fresato e fumo di sigaretta. Una di quelle belle serate tra amici e bottiglie di birra, dove si discute di passione verace e le idee fluiscono più rapide man mano che la bevanda scorre giù in gola. Ad un certo punto ‘sto mio amico mi sottopone una café racer cui sta lavorando per un cliente, una vecchia Moto Guzzi V50 e mi domanda come la vestirei, perché lui ha vagliato un po’ di soluzioni e gli sembrano tutte ordinarie, già viste. “Mi piacerebbe una moto asimmetrica” gli rispondo al volo “armonica ed equilibrata, ma diversa se la guardi dal lato destro o da quello sinistro; non sopporto l’idea che una due ruote debba per forza essere perfettamente speculare. Non lo siamo neppure noi”. La cosa è poi morta lì, tra l’ennesima birra e uno schizzo approssimativo su un foglietto di carta su cui, col tratto incerto di uno un po’ brillo, ho cercato di spiegare meglio cosa avevo in mente. Passano due settimane e cosa vedo al Motor Bike Expo? Un Giano bifronte della moto. Quel matto di Enzo Ciancio, di Inglourious Basterds Cycles ha realizzato quello che avevo in mente e che avevo accennato poco tempo prima all’amico brianzolo. Pensa te, a volte, le coincidenze. Ebbene: la moto è la “solita” BMW boxer. Però è diversa dalla caterva di scrambler e similari che si vedono in giro dappertutto, sfregiate da mani più o meno capaci. La scelta mi pare giusta, perché i due cilindroni (la cui cubatura è stata elevata) sono uno un po’ più avanti dell’altro (per via delle reciproche bielle così infulcrate sull’albero motore), ma generano un equilibrio perfetto; quindi hanno un’intrinseca bilanciata asimmetria. Le sovrastrutture, tutte in alluminio battuto a mano, omaggiano modelli BMW auto del passato e del presente, diverse sui due lati del serbatoio, ma anche la mascherina, il parafango e il codino sono “sfasati”. Bella e originale. Appena Enzo mette a punto il motore, la voglio provare.

Classici senza tempo

Tolte alcune moto “top”, da concorso o geniali, ci sono sempre in buon numero, e anzi crescono, le café racer e le scrambler (o meglio: le street tracker, perché voglio proprio vedervi ad affrontare la Via del Sale con quelle sospensioni senza escursione e sedute da naked…). Devo ammettere che mi piacciono. Con dei se e con dei ma: stanno diventando troppo… pop. Come è stato per certi modelli di serie: nel 1994, uscita la prima Ducati Monster, me ne innamorai subito. Qualche tempo dopo le vedevi dappertutto e mi questo modello mi venne quasi a nausea. Comunque… La tendenza del momento sta virando in questa direzione, ma la fantasia non è tanta. Gira e rigira, è vero, il tema scrambler e café racer si riduce a pochi elementi essenziali. Ma mi sembra manchi un po’ di interpretazione personale. Ho visto forse la più bella special di questo genere, il cui proprietario è un cliente della Casa giapponese (Stefano Romanazzi. La moto è disegnata da Oberdan Bezzi e realizzata da Fuchs Workshop) ed esposta allo stand Suzuki. Yellow Weapon, una GS1000 non particolarmente innovativa, ma sobria, attinente al periodo in cui è nata e molto curata. È ora di dire basta a scarnificazioni di carene senza senso, selle piatte come assi da stiro e verniciature nere a bomboletta o finto-arrugginito! 

Le proposte delle Case

Circondato da centinaia di special, mi ha raggiunto un pensiero: alla fine ciascuno costruisce una special per sé stesso, secondo i propri gusti e possibilità, per sentirla propria. Quindi è probabilissimo che a qualcun altro non piaccia, non vada bene, non entusiasmi. Quando vedo le special in vendita mi domando: chi le comprerà? Il proprietario l’ha fatta su misura per sé, di certo i possibili acquirenti non condivideranno in toto le modifiche e i lavori eseguiti. Trainato da questo pensiero, ne arriva subito un altro. Le Case, che sono sempre più presenti al Motor Bike Expo, affollano i propri cataloghi di parti speciali e propongono loro stessi delle moto elaborate per stuzzicare i clienti. Ma è un lavoro difficile accontentare migliaia di utenti, perché se non azzecchi il gusto generale, oppure esageri, allora rischi un buco nell’acqua. Così, spesso, i concept rimangono tali e le moto di serie sono molto più ordinarie delle special da cui nascono. Eppure mi piace pensare che certi prototipi arrivino in produzione così come sono. Anzi, le idee più coraggiose in questo ambito mi eccitano da morire. Decido quindi di chiudere questo mio logorroico intervento sull’MBE con un concept, quello di Honda, in realtà già visto ad Eicma, ma che mi piace moltissimo. Il City ADV è una proposta davvero nuova. In un ambiente dove tutti si buttano sul vintage e sulle scrambler, la Honda scramblerizza uno scooter e lo fa così moderno che di più non si può, partendo dalla base  tecnica della famiglia NC/Integra 750. L’idea è orgogliosamente italiana ed esce dalla matita di Maurizio Carbonara (il “papà” della nuova Africa Twin) e prefigura quello che nel mondo auto è già successo: un mini-urban-SUV. Dicono che probabilmente andrà davvero in produzione già l’anno prossimo; speriamo sia vero. 
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