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20 May 2016

A tutto gas sull’ottavo di miglio!

A The Reunion c’è stato spazio per le special, per la musica, per il dirt track. Ora però ci concentriamo sulla Sprint Race, alla quale abbiamo partecipato con una Ducati Scrambler di serie
1/38 The Reunion 2016: alla "Sprint Race" abbiamo partecipato con Federico Aliverti, nella foto in sella alla nuova Ducati Scrambler Flat Track Pro usata in... gara

Un weekend da leoni

Vi avevamo dato appuntamento a The Reunion, lo scorso weekend, presso l’autodromo di Monza. Molti di voi sono venuti a trovarci e a fare il tifo per noi: grazie! Sul Fascicolo di Motociclismo di giugno, tra pochi giorni in edicola, troverete un ampio resoconto (qui invece la gallery). Intanto, ecco come abbiamo affrontato la Tag Heuer Sprint Race, nella quale siamo stati protagonisti con una Ducati Scrambler Flat Track Pro, tutta di serie. Ci siamo confrontati con tanti (circa sessanta) avversari in sella a special più o meno elaborate. Alcune solo nell’estetica. Altre dei veri e propri bombardoni. Ma il regolamento imponeva una cilindrata massima (1.000 cc per le due e tre cilindri, 750 cc per le 4 cilindri) e il raffreddamento ad aria. Viste da fuori tutte erano rispondenti a queste richieste. Però alcune andavano davvero forte…  Noi ci siamo presentati con una moto che, sulla carta, ha una buona dose di CV, ma tende parecchio all’impennata, leggera com’è. Invece l’abbiamo domata senza troppi problemi, riuscendo a sfruttare tutta la spinta del bicilindrico bolognese.

Tutto sta nei primi 50 metri

Se parti bene, hai la certezza -o quasi- di vincere la sfida. Perché su 200 metri (un ottavo di miglio), con moto idealmente molto simili -le poche regole le abbiamo già dette- c’è poco spazio per un allungo. Certo, se il motore è elaborato, nella parte finale viene fuori, ma l’importante è il via. Il tempo di reazione, prima di tutto: senza incappare in una falsa partenza (ovvero senza partire prima del via), l’ideale è staccare la frizione nell’istante esatto in cui la bandiera dello start viene sventolata. Basta mezzo secondo di ritardo per giocarsi la sfida. Secondo: evitare le impennate. Perché se l’anteriore si alza, sei costretto a “pelare” il gas, perdendo metri preziosi. Quindi peso tutto in avanti e perfetto equilibrio tra stacco della frizione e dosaggio del gas. Molti si esibiscono in burn-out per scaldare la gomma, ma secondo noi -a questi livelli, non stiamo guidando dei dragster- si rischia solo di cuocere inutilmente la frizione. E poi c’è tutta una serie di piccoli interventi che aiutano, senza rovinare l’equilibrio della ciclistica. Noi ad esempio abbiamo sfilato la forcella di pochi millimetri (5, per l’esattezza), per caricare l’avanterno e irrigidito il monoammortizzatore per ridurre lo “schiacciamento” in accelerazione. La gomma dietro è sgonfiata a 1,9 bar, per darle maggiore trazione ed evitare il pattinamento. Si potrebbe scendere ancora con la pressione, ma poi si rischia di scompensare la guidabilità. Infine: serbatoio sempre pieno, per dare peso all’anteriore.

Si parte!

Avremmo potuto apportare altre modifiche: ruotare il manubrio in avanti, comprimere la forcella con una cinghia, cambiare corona per modificare il rapporto di trasmissione finale, allungandolo leggermente. Ma abbiamo pochissimo tempo e tutte queste cose richiedono dei test, perché non è detto che portino ad un vantaggio sicuro. Ci limitiamo quindi a partire decisi, modulando al meglio la frizione e portando il peso più avanti possibile. Basata anche solo la testa all’altezza del manubrio: un cranio umano pesa circa 5 kg; aggiungete un altro chilo per il casco e avrete una bella massa utile per contrastare le impennate. E poi c’è l’asfalto, quello vecchio di quasi dieci lustri dell’ovale di alta velocità di Monza. Il rettilineo compreso tra le due sopraelevate, sul lato orientale, quello non più in uso, è stato diviso in due per il lungo. Due corsie dove sfidarsi testa a testa. Tanti concorrenti preferiscono quella sinistra, perché più pulita. Invece a noi non dispiace la destra, leggermente sporca di brecciolino nei primi trenta metri. La ruota slitta un po’, ma lo vediamo come un vantaggio: possiamo dare tutto gas e sfruttare questo “anti wheeling naturale”.
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