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Moto Guzzi Sport 15

Introduzione


Mitica moto da primato dell'anteguerra, prodotta dal 1931 al 1939 in 5.979 esemplari. Evoluzione massima del concetto base ideato da Carlo Guzzi è instancabile, indistruttibile e molto amata dai collezionisti.

Per chi ama le Guzzi, la Sport 15 rappresenta molto sia in termini tecnici sia in termini storici. Presentata al Motosalone di Milano del 1931, è l'evoluzione della Sport 14, moto che rappresentò, nel 1929, un vero salto di qualità. Il nome Sport non deve trarre in inganno relativamente alle prestazioni; infatti, le sue doti più apprezzabili non sono certo la velocità massima o le prestazioni ma il fatto di essere una robusta lavoratrice, infaticabile, adatta sia all'uso cittadino sia al turismo magari con un sidecar anche per trasporto merci. Stabile, con freni buoni, telaio e forcella più robusti rispetto ai modelli precedenti vanta anche la "novità", allora, del serbatoio a sella.
(nella foto a sinistra, la Sport 15 nella copertina di Motociclismo dell'agosto 1933. Sullo sfondo, si nota la Torre Branca, recentemente restaurata e riaperta al pubblico)



Motociclismo, nel 1933, scriveva "paziente lavoro di ritocco ispirato forse più da considerazioni estetiche che non da intenti meccanici" e ancora "linea piacevolissima, armoniosa in tutti i dettagli della salda struttura, dove potenza e robustezza sono dissimulate dall'accuratissimo studio delle proporzioni". Un depliant dell'epoca scriveva "le valvole contrapposte sono di grande diametro per favorire il massimo afflusso dei gas e sono stampate in acciaio speciale resistentissimo alle alte temperature". Nella sua decennale carriera, la Sport 15 ha subito pochissimi aggiornamenti anche perchè, Carlo Guzzi non modificava facilmente i propri progetti. Il suo motto era "le moto le faccio per me e per il mio portinaio" come dire "cosi' è se vi pare" per usare un'espressione Pirandelliana.


Al momento del lancio, il prezzo di listino della Sport 15 è di 5.900 lire (pari a circa 5.000 euro nel 2003); occorre però un "extra prezzo" di 600 lire (circa 500 euro) per la dinamo Miller, oppure 750 lire per la Bosch, o anche 900 lire per l'impianto Bosch a spinterogeno o, infine, 1000 lire per l'apparecchio dinamo-magnete Bosch; il tutto, sempre compreso anche il "clacson" Bosch.


Le modifiche più importanti vengono introdotte nella seconda metà del 1933. La biella tubolare è sostituita da una a doppio T, mentre, esaurite le scorte di del carburatore Amal, viene adottato il carburatore Dellorto MC 25. Al posto della forcella a tre molle viene montata la forcella con molla unica centrale in compressione, sempre con ammortizzatori laterali a frizione. Nel 1937 le leve Bowden al manubrio vengono sostituite da più comode e razionali leve di disegno moderno. Verniciatura e finitura sono state ripetutamente oggetto di modifiche. La moto nasce amaranto chiara (compresi i cerchi) e con le "specchiature" e i "tondi" in amaranto più scuro, quasi nero. Maniacale la cura dei filetti che nel 1937 viene applicata anche ai parafanghi.

Scheda tecnica



Motore
: monocilindrico orizzontale quattro tempi, testa e cilindro in ghisa, carter in alluminio. Alesaggio e corsa 88x82 mm, cilindrata totale 498 cc. Rapporto di compressione 4,6:1. Distribuzione a valvole contrapposte, aspirazione laterale, diametro 42 mm; scarico in testa, diametro 45 mm.

Diagramma distribuzione: aspirazione apre 20° prima del PMS e chiude 60° dopo il PMI; scarico apre 62° prima del PMI e chiude 26° dopo il PMS. Gioco di funzionamento a freddo, aspirazione 02, mm, scarico 01, mm. Dispositivo nella camera di scoppio per impedire la caduta della valvola di scarico in caso di rottura.

Alimentazione
: serbatoio da 12 litri, 1,5 di riserva; carburatore Amal 6-142 da 1”, oppure Dellorto MCS 25 con diffusore 25 mm, getto max 110, valvola
gas 70, spillo conico 5 alla terza tacca, polverizzatore 270.

Accensione: con magnete Bosch ad anticipo manuale, massimo 36°. A richiesta, a spinterogeno Bosch.
Candela grado termico 175 vecchia scala Bosch, filetto 18 mm.

Lubrificazione
: con serbatoio olio separato e doppia pompa, di mandata a ingranaggi, di recupero a palette. Portata 60 litri/h. Capacità serbatoio 3 litri.

Frizione
: a dischi multipli metallici in bagno d’olio.

Cambio
: in blocco a tre rapporti a train balladeur e innesti frontali, terza in presa diretta. Comando con leva a mano sulla destra del serbatoio. Rapporti
interni 2,52 - 1,59 - 1 : 1.

Trasmissioni
: primaria a ingranaggi elicoidali con parastrappi, rapporto 2,105 : 1 (denti 38/80). Secondaria a catena 5/8”x1/4”, rapporto 2,266 : 1
(denti 15/34). Rapporti totali 12,02 - 7,58 - 4,76 : 1.

Telaio
: rigido a doppia culla in tubi, con piastre metalliche sotto il motore.

Forcella
: a parallelogramma in tubi, con molla centrale in compressione e due molle laterali in trazione con funzione compensatrice e ammortizzante;
ammortizzatori laterali a frizione, regolabili. Dal 1933, molla unica centrale in compressione, con ammortizzatori laterali a frizione.
Frenasterzo a frizione regolabile, incorporato nel cannotto.

Ruote e pneumatici
: a raggi, con cerchi in acciaio da 26 x 2 1/2; gomme a cerchietto da 26x3,50 (3.50-19). Mozzo posteriore a perno sfilabile.

Freni
: a tamburo laterale, anteriore diametro 177 mm, posteriore 200 mm.

Impianto elettrico
: a 6V, con dinamo Miller oppure Bosch 30W; a richiesta, magnete-dinamo Bosch oppure dinamo-spinterogeno Bosch. Batteria
12 Ah.

Dimensioni e massa
(verificati): passo 1.443 mm; lunghezza 2.170 mm; larghezza manubrio 780 mm; larghezza pedane 600 mm; altezza sella 690 mm; altezza pedane mm; altezza minima dal suolo 130 mm. Massa a vuoto 153 kg.

Prestazioni dichiarate
: potenza 13,2 CV a 4.000 giri; velocità 100 km/h; consumo benzina 3,5 litri/100 km; consumo olio 1 litro/300 km.

In pista e al banco!


Settant'anni e non sentirli!
Come si comporterà la Sport 15 nel corso di rigorose prove strumentali, effettuate settanta primavere dopo l'anno di costruzione? Grazie a Gilberto Pedrazzini e Maurizio Quaqlia (che ci hanno messo a disposizione tre Sport 15, due conservate e una restaurata) abbiamo potuto realizzare i rilievi presso la pista Pirelli di Vizzola Ticino. La velocità massima è risultata di 90,200 km/h con il pilota in posizione eretta e 95,100 km/h con il pilota abbassato (per tutti gli altri dati, vi rimandiamo a Motociclismo d'epoca di Aprile 2003).

Il responso del banco
Per il test sul banco è bene precisare che la prova è stata effettuata con la moto al completo degli accessori (dinamo, silenziatore, ecc.) che all'epoca non venivano utilizzati per le prove. Il famoso "minimo Guzzi" è risultato essere di 300 giri/min mentre la potenza massima all'albero è stata di 9,50 cv.

Amarcord



Fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale a Predappio e dintorni circolavano soltanto due moto acquistate nuove di fabbrica: la Sport 15 di Antonio Cicognani detto “Tugnazin” e la Gilera LE 350 di Domenico Casadei detto “Minghinin”.
Questa la premessa di sapore felliniano del nostro amarcord.
Primo a motorizzarsi era stato il Cicognani, che nel 1934 aveva venduto un podere per acquistare la Sport 15 e contemporaneamente fare il viaggio di nozze a Roma.
Con 6.500 lire in contanti si era recato a Forlì dal concessionario Telemaco Casadei ed era tornato a casa con la moto fornita di impianto elettrico Miller (la versione più economica) e delle sole staffe poggiapiedi per il passeggero. Il suo spiccato senso del risparmio infatti l’aveva consigliato di non acquistare il sellino posteriore. In cuor suo aveva già deciso che la moglie avrebbe fatto il viaggio di nozze seduta su una coperta piegata e ripiegata, appoggiata al portapacchi. E così fu. Invidioso dell’esclusività motociclistica del Cicognani, due anni dopo il Casadei si era deciso ad acquistare anche lui una moto.
Una moto che doveva far parlare il paese, che fosse diversa da quella di “Tugnazin” e possibilmente superiore almeno in qualche cosa. Optò così per una Gilera LE a telaio elastico. Non potendo permettersi la 500, si decise per la 350 che peraltro era del tutto simile per aspetto e imponenza alla più costosa consorella. Anche lui sacrificò una proprietà sull’altare motociclistico. Si recò a Forlì, dal concessionario Luigi Valdinoci (padre del futuro campione Orlando) e previo
esborso di 6.700 lire, rientrò in paese gongolante alla guida di una LE.
Sulla superiorità di una moto o dell’altra cominciarono subito infinite discussioni.

Finchè si passò a vie di fatto, cioè una sfida velocistica sul percorso Predappio-Forlì di 15 km (nella cartina a sinistra).
Giudici accuratamente selezionati avrebbero controllato sia la partenza sia l’arrivo dei contendenti. I mezzi meccanici erano stimati su un piano di parità. Infatti se la Gilera contava 150 cc meno della Guzzi, aveva però il cambio quattro marce a pedale e la sospensione posteriore, anzichè il tre marce a mano e il telaio rigido della rivale.
Risultato della grande sfida, che avrebbe dato esca ad altre infinite discussioni: la Sport 15 arrivò a Forlì in un quarto d’ora (media 60 km/h), la Gilera tagliò il traguardo dopo mezzo minuto.


Lo smacco per la LE 350 c’era stato ma “Minghinin” considerò sempre la superiorità della Sport 15 molto esigua, così come ancor più esiguo gli dovette apparire
il piccolo scarto di vantaggio nel tempo impiegato dalla Guzzi.
Ma una sola prova non poteva essere decisiva. E poi veniva tirata in ballo l’abilità e l’allenamento dei due piloti.
E ancora il peso e le diverse caratteristiche fisiche dei due.
Così la prova fu ripetuta affidando la Gilera ad un noto motociclista soprannominato “Nimbo” e la Guzzi ad un pivello, il figlio di “Tugnazin”. “La Sport 15 può star davanti alla tua Gilera anche se a guidarla è mio figlio!” (per sottolineare l’inesperienza e l’inferiorità del guidatore!), così andava ripetendo il vincitore della prima prova nel tipico colorito dialetto romagnolo. Ed anche in quell’occasione a Forlì arrivò prima la Sport 15, sebbene la Gilera giungesse praticamente a ruota della Guzzi.
“Tugnazin” gongolante per il nuovo successo e orgoglioso del figlio, coniò un detto rimasto memorabile. “La Sport 15 c’insegna essa stessa ad andare in motocicletta!” E forse aveva ragione.
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