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Ezpeleta deve al Fisco spagnolo 3,9 milioni di euro

Nella giornata di ieri il Tribunale Supremo di Madrid ha confermato che Carmelo Ezpeleta, il suo braccio destro Enrique Aldama e le rispettive mogli devono versare al fisco un totale di 6,6 milioni di euro di aliquote IRPEF non pagate, in seguito ad una sospetta compravendita di azioni nel periodo 2003-2004. Dorna sostiene che l'operazione incriminata era "normale e frequente nelle economie del nostro ambiente e del tutto valide da un punto di vista commerciale"

Il fisco spagnolo accusa Ezpeleta di una falsa compravendita di azioni

Dorna ritorna al centro di una bufera, e questa volta non è a causa di incidenti o fatti avvenuti in pista, bensì riguarda i bilanci della società negli anni 2003 e 2004. Il Tribunale Supremo di Madrid (l’equivalente della Corte di Cassazione italiana) ha accusato Carmelo Ezpeleta, il suo braccio destro Enrique Aldama e relative consorti di aver eluso al fisco aliquote IRPF (corrisponndente alla nostra IRPEF) che, per quegli esercizi, ammonterebbero ad un totale di 6,6 milioni di euro (3,9 per Ezpeleta e 2,7 per Aldama). Inizialmente il tribunale voleva sanzionare i soci con una multa da circa 30 milioni di euro, ovvero la somma delle aliquote non pagate comprese di interessi moratori, ma in seguito si è optato per la pena più lieve. Il Tribunale sostiene che Ezpeleta e Aldama abbiano venduto le azioni di Dorna “ad una società con un capitale sottoscritto dagli stessi soci venditori, finanziata attraverso un prestanome, il cui importo era destinato in parte ai soci, i quali perseguivano come fine ultimo l’ottenimento di dividendi nascosti.

Già nel 2010 la Inspección de Tributos (corrispondennte alla nostra Agenzia delle entrate) aveva stabilito che Ezpeleta e Aldama avrebbero dovuto versare al Fisco rispettivamente 5,1 e 1,2 milioni di euro per infrazione grave, ma in appello i giudici ritennero che l'infrazione non fosse grave. Decisione oggi ribaltata dal Tribunale Supremo di Madrid, sebbene non con decisione unanime.

Due magistrati hanno infatti ritenuto che non ci sia stata simulazione di compravendita, mentre un terzo magistrato non crede che l’infrazione sia grave in quanto non c’era l’intenzione di occultare i proventi della compravendita. La “società veicolo” in questione (e dunque iscritta nel registro degli indagati) è Bridgepoint Capital, la società di private equity che nel 2006 comprò per 550 milioni di euro il 71% dell’azionariato detenuto all’epoca da CVM Madrid col fine di effettuare una manovra di controllo totale della compagnia. Ricordiamo che nel 2012, Bridgepoint Capital ha ceduto il 39% delle azioni Dorna al Fondo Pensionistico Canadese in cambio di 400 milioni di euro. 

Secca risposta di Dorna

Prontamente è arrivata la risposta di Dorna: “Rispettando le decisioni giudiziarie, Dorna desidera esprimere il proprio disaccordo con il contenuto della sentenza della Corte Suprema riguardante la compravendita di ricapitalizzazione finanziaria nel periodo 2003-2004 come recita il comunicato. Queste operazioni sono normali e frequenti nelle economie del nostro ambiente e del tutto valide da un punto di vista commerciale. Il fatto che non vengano riconosciute come simulazioni è noto ad alcuni magistrati del Tribunale Supremo che hanno espressamente dichiarato il loro disaccordo con il contenuto della sentenza. Dorna sta esplorando diverse vie di azione in tali sentenze”. Con l’espressione “operazioni normali e frequenti nelle economie del nostro ambiente” indica il fenomeno finanziario chiamato Leverage Recapitalization, una manovra di ristrutturazione di un asset aziendale effettuata mediante l’acquisto di azioni della propria società tramite indebitamento, e quindi utilizzando il principio della leva finanziaria. Si tratta di una pratica diffusa nei sistemi finanziari più all’avanguardia, come quello inglese o americano, ma è ancora vista con sospetto in alcuni paesi europei (tra cui Spagna e Italia) in quanto il FIsco presume che con tale manovra si cerchi di ridurre l’imponibile su cui è poi calcolata l’aliquota IRPEF. In realtà, il fine ultimo di questa manovra finanziaria è rendere più appetibile l’azienda a nuovi investitori, che è quello che è accaduto a Dorna con il Fondo Pensionistico Canadese.
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