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Burasca 1200: Aldo Drudi svela la sua concept su base VFR1200F

È stata svelata a Rimini, nella cornice del Foyer Teatro Galli, la Burasca 1200; una concept bike nata dalla matita di Aldo Drudi. La creatura della D-Perf, venuta alla luce grazie al connubio italo-giapponese fra il noto designer italiano e Honda (la base di partenza è una VFR1200F), è stata interamente ideata e costruita nella Terra dei Motori all'interno dell'Air Garage. Motociclismo era presente

A Rimini è... Burasca 1200

Preceduta da un notevole "movimento" mediatico, è stata svelata la Burasca 1200 (non perdetevi la gallery), una concept bike nata dalla matita di Aldo Drudi. A far da cornice all'evento, al quale noi di Motociclismo eravamo presenti, è stato il Foyer Teatro Galli di Rimini, dove la Burasca 1200 ha fatto il suo ingresso in una delle sale interne dopo aver attraversato la piazza del centro storico davanti al teatro. La nuova creatura della D-Perf era stata messa in cantiere il 1 giugno 2014 presso l'Air Garage di Rimini, nata da un'idea di Aldo Drudi da subito sposata da Honda. Infatti è una Honda VFR1200F l base di partenza della "Burasca", nome scelto da Aldo Drudi ricordando una figura familiare a cui era affezionato da bambino. La moto è stata completamente ridisegnata mantenendo solo telaio, motore e trasmissione finale originali; l'obiettivo è stato quello di creare una sport-tourer di alto livello seguendo un concetto di stile fortemente dedicato alla funzione.

Nata da carta e matita

Nell'era digitale, quella dei computer, dei tablet e dei rendering, sembra quasi strano sentir parlare ancora di carta e matita. Eppure Aldo Drudi, prima di svelare la sua nuova creatura, ci rivela come questo particolare sia stato la pietra miliare da cui è nato tutto il progetto e la partnership con Honda. La Casa di Tokyo ha infatti accettato di buon grado la possibilità di affidare una VFR1200F al designer italiano. Il motivo? Nella tradizione Giapponese la scrittura, quella che utilizza ancora l'inchiostro, ha una posizione culturale di prim'ordine. Basti pensare che il tratto giapponese ha in sè, nei suoi "kakemono" (i caratteri calligrafici), tutta la personalità di chi imprime l'inchiosto sulla carta. Cultura a parte, in casa Honda hanno pensato di dare a un progetto partito da carta e matita la possibilità di intervenire in modo radicale su una propria moto in commercio per capire come uscire dagli schemi auto-referenziali dei propri progettisti. Honda ha così scelto un italiano, Aldo Drudi (noto al grande pubblico per essere uno tra i designer preferiti dai piloti per le livree dei caschi), per stravolgere la propria Sport-Tourer. Il risultato è la Burasca 1200: una moto che conserva un cuore giapponese, il quattro cilindri a V da 76°, ma che da oggi ha un'anima tutta italiana.

non verrà messa in vendita

La Burasca 1200 privilegia così l’ergonomia e la posizione di guida che dev'essere il più comoda possibile. Per Drudi Performance quest'ultimo è un argomento fondamentale: "più comfort vuol dire più controllo, più controllo vuol dire più sicurezza", ci dice il designer italiano. La posizione in sella, avanzata rispetto a quella della VFR 1200, permette nel caso di una guida più aggressiva di caricare l’anteriore, equipaggiato con forcella Öhlins NIX 30. Pratica la regolazione dell’ammortizzatore posteriore Öhlins TTX 36 GP, vicino al cannotto di sterzo. Burasca 1200 pesa 30 kg in meno rispetto alla Honda VFR originale, a vantaggio della maneggevolezza. Più leggeri i cerchi, in Ergal, realizzati dal pieno a garanzia di una maggiore rapidità nei cambi di direzione. Rispetto alla VFR1200F cambia sostanzialmente tutto, ma non il propulsore che rimane l'ormai classico 4 cilindri a V che Honda impiega sulla VFR e sulla Crosstourer. Fra le scelte curiose c'è quella di non montare alcun ABS, ma la Burasca 1200, costruita in un unico pezzo, non è attualmente fra le moto destinate alla produzione su larga scala. Aldo Drudi ci comunica infatti che "la Burasca finirà a casa mia, farà parte della mia collezione privata poichè è la mia prima creatura a due ruote".

Livrea definita dai materiali e dalle lavorazioni

Sono numerose le parti in Ergal scavate dal pieno, come ad esempio le piastre forcella, il telaio posteriore portante, il supporto per la strumentazione digitale, i leveraggi del cupolino, i flap laterali, il faro anteriore e posteriore. Osservando la Burasca 1200 saltano subito all'occhio le nuemrose parti in fibra di carbonio "camouflage look" che fungono da carena, cover serbatoio, carter cardano e parafanghi. così come salta all'occhio il sistema luci/frecce a led e la strumentazione digitale disegnata dalla Drudi Performance. La vista laterale lascia in mostra lo scarico, costituito da due "tromboni" vecchio stile rivisti dalla matita di Aldro Drudi e realizzati dalla slovena Akrapovic. I due terminali si sovrappongono per garantire un ingombro minimo in caso di angoli di piega accentuati. Completano l'opera collettori in titanio, terminali in titanio microfuso, compensatore in titanio microfuso con il logo Honda in bassorilievo.

La Livrea è definita dall’anodizzazione dell’Ergal, dalla texture mimetica del carbonio, dal tecnico grigio-oro opaco del serbatoio e dei carter motore, dai cerchi anodizzati neri completati da cover in carbonio e dal titanio degli scarichi. Unico tocco di colore è il rosso delle prese d’aria dell'airbox, colore istituzionale sia per Honda che per Drudi Performance. 

Tutto è nato nella terra dei motori

Per dare forma a questo sogno, Aldo Drudi ha scelto un luogo dove arte e tecnica si fondono, una terrazza di 600 mq che ospita un container riciclato lungo 6 metri e ricoperto da una struttura gonfiabile che all’imbrunire irradia luce, per un totale di 60 mq, posizionato a 30 metri d’altezza da una gigantesca gru. L’Air Garage, una struttura ecocompatibile, è stato il centro dove ha preso vita la Burasca 1200. L'Air Garage è anche il luogo dove la moto è rimasta fino alla sera stessa dell'evento di presentazione dato che è stata ultimata soltanto nell'ultima notte a disposizione.

Venendo invece alla scelta del luogo Aldo Drudi ci ha raccontato un'aneddoto: "Mi trovavo a Rimini in occasione della Biennale del Disegno, quando, quasi per gioco, mi sono trovato a disegnare a mano. Il disegno a mano è fondamentale e se c'è una cosa che nella storia italiana è presente quella è l'arte. Mi sono trovato a chiedermi come avrei potuto unire l'arte del disegno, della progettazione, alla cultura di una terra magnifica come quella emiliana. La Via Emilia mi ha dato la risposta. Si tratta di una strada che collega una quantità di punti incredibile se pensiamo ai motori: Ferrari, Ducati, Laborghini; giusto per dirne alcuni. L'Emilia è la terra dei motori e dell'arte, da lì l'inizio del progetto".
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