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Buon compleanno, Ducati!

Il 4 luglio 1926 nasce la Ducati. All’inizio il Marchio di Bologna si occupa di produzioni elettromeccaniche poi, nel 1946, arriva il micromotore cucciolo. E cambia tutto. Un video e una gallery per gli 87 anni della Ducati

Buon compleanno, ducati!

Ducati è uno dei marchi italiani più noti al mondo. Lo si conosce per le moto, ma quanti degli appassionati sanno che ha quasi 90 anni e che all’inizio della sua esistenza faceva tutt’altro? Diciamo questo perché il tutto comincia proprio il 4 luglio del 1926, quando Antonio Cavalieri Ducati, con i figli Adriano, Bruno e Marcello, fonda l’azienda che porta il suo nome. Quindi oggi è il compleanno della Casa di Borgo Panigale, sono la bellezza di 87 anni!

 

Insieme ai nostri doverosi auguri alla Ducati, vi regaliamo un video (ufficiale) e una mega gallery storica.

 

 

Si diceva che inizialmente la Ducati non fa moto. E in effetti, dalla nascita fino alla seconda Guerra Mondiale, la casa di Bologna si occupa di elettromeccanica. In special modo di apparecchi radiofonici, vere e proprie opere d’arte oggi ricercatissime e rinomate già all’epoca, e condensatori elettrici. Per realizzare la versione variabile di questi ultimi, dal 1935 in poi, la Ducati comincia anche ad occuparsi di lavorazioni meccaniche (produzione delle lamine di alluminio per i condensatori). L’azienda cresce e si amplia, spostandosi da Bologna a Borgo Panigale e arrivando ad avere fino a 11.000 dipendenti. Durante la guerra si comincia a pensare al… dopo e, alla fine del conflitto, con la fabbrica distrutta dai bombardamenti e ricostruita grazie al prestito statale, si inizia concretizzando i progetti allo studio già durante il periodo bellico (interfoni, rasoi elettrici, juke box, calcolatrici, cineprese, frigoriferi, ecc.), ma il vero colpo di genio è sfruttare il bisogno di mezzi di trasporto semplici ed economici che c’è nella disastrata Italia del Dopoguerra.

 

LA SALVEZZA DAL MICROMOTORE

Si parte motorizzando le biciclette col motore ausiliario Cucciolo 48 cc. Il successo è clamoroso e da lì a pochi anni arrivano varie evoluzioni del Cucciolo e le prime moto leggerissime con il micromotore “di serie”. Si tratta inizialmente di mezzi utilitari, ma ben presto vengono declinati anche in versioni turistiche e sportive, con cilindrate crescenti: 55, 60 e 65 cc. Fin da subito si comincia anche con le gare, sempre col Cucciolo, che si distingue per affidabilità e prestazioni (nel 1950 il micromotore Ducati stabilisce 12 record mondiali di velocità). Nel 1954 nasce la ”98” e nello stesso anno arriva l’ing. Taglioni, che nel 1956 “sforna” le monoalbero Gran Sport 100 e 125, ovvero le mitiche Marianna plurivittoriose nelle gare Gran Fondo. Nello stesso anno arriva la 125 bialbero GP, da cui deriva la prima Ducati Desmo: la 125 che vince al debutto in Svezia nel 1956. Le vittorie facilitano il successo anche sul mercato.

 

DALLO SCOOTER ALLA APOLLO

Dal 1957 in poi le cilindrate cominciano a salire, con l’arrivo dell’apprezzata 175 monoalbero, della Élite 200 (1958) e alla prima 250 cc, la Diana del 1962. Intanto non si trascura il segmento delle moto più abbordabili e dei ciclomotori, con le 85 Turismo e Sport del ’59 e i 50 cc 2T presentato nel 1961, e senza dimenticare gli scooter. Già, la Casa di Bologna ha fatto anche quelli, fin dal raffinatissimo (anche troppo) Cruiser 175 anni 50. Costoso e complicato (cambio automatico a convertitore idraulico, avviamento elettrico, motore a cilindro trasversale per favorire la trasmissione finale a coppia conica…), non ha successo, mentre va meglio il più essenziale Brio 48 del 1963. Nel 1964, dal tentativo di dare fastidio alla Harley-Davidson in America, specie nelle commesse per la polizia, nasce la Apollo, una giunonica 1.250 cc con motore 4 cilindri a L raffreddato ad aria progettato da Taglioni. Ma i suoi 80 CV sono troppi per le gomme dell’epoca e la stabilità della moto non soddisfa. La Apollo cade nel dimenticatoio, ma presto nascerà un motore che (apparentemente) è “metà” del suo 4 cilindri. La storia continua.

 

SEMPRE PIÙ CC

Nel 1968 i motori monocilindrici monoalbero diventano a “carter larghi” e crescono di cilindrata. Dalla 250 Mach 1 del ’65 si passa alla Mark 3 350 cc, successivamente anche in versione D (desmo) e Scrambler (sì, proprio la mitica moto a cui oggi va il sentito omaggio di Borile), con motori anche di 250 e 450 cc. Da queste moto derivano ovviamente versioni da corsa che si distinguono nella Mototemporada romagnola e nei campionati Junior.

 

NASCE IL POMPONE

1971: arrivano le maxi! Nasce infatti la GT 750, con il primo motore bicilindrico a L con distribuzione a coppie coniche (60 CV, velocità dichiarata 200 km/h). Proprio da questa moto deriva la sportiva con cui Paul Smart e Bruno Spaggiari si aggiudicano i primi due posti alla 200 miglia di Imola del 1972. A sua volta, la moto di Smart e Spaggiari dà origine alla bellissima 750 Super Sport del 1974, con motore Desmo, che invece la gialla Sport dell’anno precedente non ha. Tralasciando le non amatissime GTL col bicilindrico parallelo e la 860 GT (tutte con le linee poco motociclistiche by Giugiaro), la fine degli anni Settanta vede nascere il motore che equipaggerà la Pantah 500, con quella distribuzione a cinghia che ha caratterizzato i motori a L per 34 anni, abbandonata solo con l’arrivo del Superquadro della Panigale (che usa la catena). E poi arriva quel capolavoro che prende il nome di Super Sport 900, purissima sportiva all’italiana che fa letteralmente girare la testa agli appassionati.

 

TRIONFO DI COPPIE CONICHE

Con una moto figlia della SS 900 Mike Hailwood torna alle gare nel 1978, dopo il ritiro di 11 anni prima. Il tutto avviene all’Isola di Man, dove Mike the Bike si aggiudica il TT e diventa campione del Mondo TT1 (il campionato è in prova unica) con una 900 rivista e corretta da NCR. Da questa moto deriverà una bellissima replica stradale nel 1980, la MHR Mille che rappresenta per i motori Ducati a coppie coniche quasi il canto del cigno, che sarà definitivo nel 1983 con l’ultima 900, la S2. Intanto prendono sempre più piede i motori con distribuzione a cinghia, ma nei primi anni ’80 la produzione motociclistica interessa sempre meno a Finmeccanica, allora proprietaria del Marchio Bolognese, più concentrati sui motori diesel industriali e marini.

 

GRAZIE, CASTIGLIONI

Fortunatamente c’è l’accordo con Cagiva per la fornitura di motori 350 e 650, usati a Schiranna per le endurone ante litteram Elephant e le turistiche Alazzurra. Nel 1985, poi, l’acquisizione della Ducati da parte del gruppo Cagiva. Grazie alla passione di Claudio Castiglioni, il nome Ducati continua ad essere indissolubilmente legato al mondo della moto, con modelli mitici come la F1 (anche versione Seca, Montjuich e Santamonica: i nomi celebrano le vittorie Ducati su questi circuiti). Perdoniamo all’imprenditore varesino il tentativo di far entrare la Ducati nel mondo custom con le Indiana, ma lo ringraziamo per aver fatto in modo che Massimo Tamburini si inventasse la Paso (ulteracarenata nata 750 e cresciuta poi fino a 904 cc) e la straordinaria 916 nel 1994.

 

DESMOQUATTRO VINCENTE SUBITO

Non dimentichiamo poi che sotto la gestione Cagiva, la Ducati inizia a usare il motore raffreddato a liquido con distribuzione a 4 valvole per cilindro e alimentazione a iniezione. Il progetto è di Bordi e Mengoli e prende vita col prototipo della mitica 851. Portata in gara da Lucchinelli, comincia la sua cavalcata vincendo la BOT 1987 a Daytona, poi il 1988 vede nascere il Mondiale SBK e… il resto lo conoscete: primo titolo piloti nel 1990 con Roche, e poi altri 13 fino al 2011, col contorno di 16 titoli costruttori (cliccate qui per l’albo d’oro completo).

 

PIETRE MILIARI

E intanto nei listini della Casa Bolognese compaiono capolavori assoluti quali la 851/888 stradale, sostituita dalla iconica 916 nel 1994 (poi 996 e infine 998). Un anno prima Miguel Galluzzi disegna la Monster, che proprio quest’anno compie quindi 20 anni (dopo un mare di versioni: qui tutte le Monster) e nel 2014 si presenterà con la nuovissima versione Testastretta. Ovviamente il motore raffreddato ad aria non viene per nulla abbandonato e, oltre che la Monster, le Cagiva Alazzurra e Elephant, va ad equipaggiare le Supersport, nelle cilindrate 900, 750, 350/400 e 600. Altra pietra miliare Ducati è la Supermono 550, con motore monocilindrico orizzontale che di fatto è “mezzo” Desmoquattro, la più vincente esponente della categoria supermono, che ebbe un certo successo negli anni 90. A proposito di Desmoquattro, nel 1995 arriva la versione 748, che viene immediatamente gettata nel Mondiale Supersport (con poca fortuna, a dire la verità, se si esclude la vittoria di Casoli nel 1997, quando però il campionato non era mondiale ma solo World Series).

 

DI MANO IN MANO

Nel 1996 il controllo della maggioranza delle quote Ducati passa nelle mani del Texas Pacific Group, che investe massicciamente nelle gare ma non si dimentica di ampliare la gamma anche con modelli turistici quali la ST2 (poi ST4, ST4s e ST3). In tema di passaggi di mano, Ducati torna italiana nel 2006, con Investindustrial Holdings, la finanziaria di Andrea Bonomi, che acquista una connsistente quota di capitale e la detiene fino al giugno 2012, quando il Marchio diventa ufficialmente parte dei tedeschi di Audi.

 

IL PERIODO TERBLANCHE E IL MONDIALE MOTOGP

Tornando a parlare di moto, nel 2002 nasce la controversa (ma super vincente) 999. È disegnata dal sudafricano Pierre Terblanche, padre anche della (altrettanto controversa) Multistrada 1000 nonché delle tre moto della serie Sport Classic (Paul Smart 1000, Sport 1000, GT 1000) e del restiling della serie SS, con linee che ricordano quelle della Supermono. Nel 2002 comincia l’era MotoGP e la Ducati rientra nella massima serie GP con la Desmosedici, 4 cilindri con motore a L e distribuzione desmodromica. Il primo anno arrivano subito soddisfazioni, con le prime vittorie di Capirossi e i podi di Bayliss, ma l’apoteosi è nel 2007, col titolo mondiale vinto alla grande da Casey Stoner. Intanto in SBK continuano le vittorie, anche con la moto che, proprio dal 2007, ha pensionato la 999: si chiama 1098 e, nelle mani di Troy Bayliss, vince il Mondiale SBK al debutto, come già successo con Fogarty e la 916.

 

DUCATI A 360°

Di fatto siamo arrivati (quasi) ai giorni nostri, con gli anni 2000 che vedono la Ducati esplorare terreni nuovi come quello delle maxi enduro (nel 2010 nasce la Multistrada 1200), delle motard (nel 2007 arriva la prima Hypermotard), delle power cruiser (la Diavel è del 2011), delle streetfighter (il modello omonimo arriva nel 2008, la versione 848 nel 2011). Gli ultimi gioielli Ducati sono la Panigale e la nuova Hypermotard, mentre per l’anno prossimo arriverà la nuova Monster raffreddata a liquido e chissà che da Bologna non ci regaleranno la versione “piccola” della Panigale…

 

Nell’attesa, cara Ducati, ti facciamo gli auguri e… ti chiediamo di tornare presto agli antichi fasti anche nelle gare.

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