di Riccardo Capacchione - 17 March 2018

Sospensioni anteriori alternative: il parallelogramma deformabile

Siamo arrivati alla quinta puntata del reportage sulle sospensioni anteriori alternative. Vi descriviamo la soluzione studiata da uno studente universitario: la sospensione a parallelogramma deformabile

"Famola strana"

Un tubo che scorre dentro a un altro tubo: in minimi termini questa è la sospensione a “forcella telescopica”. Questi normali pezzi di tubo sorreggono la ruota, permettono la rotazione attorno a un asse per sterzare, assorbono gli urti e le forze che si generano durante la guida tramite un elemento elastico al loro interno che ne dissipa l’energia. Infine, un ammortizzatore (un freno idraulico che amministra compressione ed estensione) smorza le oscillazioni della molla interna per far rimanere la ruota anteriore attaccata a terra. Debitamente dimensionati, questi tubi garantiscono anche la corretta rigidezza e resistenza strutturale per connettere la ruota anteriore al telaio. Insomma, la forcella è una soluzione tecnicamente corretta e molto semplice.

E allora perché si continuano a cercare soluzioni alternative? I motivi che hanno spinto molti ingegneri e tecnici a ricercare soluzioni diverse rispetto alla classica forcella telescopica sono in sostanza due: il primo, è il tentativo di separare la funzione ammortizzante da quella sterzante, che invece nella forcella telescopica giocoforza convivono; il secondo, consiste nel mantenimento delle opportune geometrie della ciclistica in ogni fase di guida; come corollario di entrambi questi intenti tecnici, c'è la necessità di realizzare una sospensione molto rigida, in grado di evitare le deformazioni tipiche della forcella nelle varie condizioni di utilizzo della moto. Vi descriviamo, a capitoli, i vari sistemi che sono (o sono stati) davvero “alternativi”: dal parallelogramma articolato ai bracci oscillanti, al raddoppio delle ruote anteriori. Cliccate qui per vedere tutte le immagini.

Il parallelogramma dell'universitario

Ovviamente un telaio strutturalmente corto con il cannotto di sterzo originale in posizione molto arretrata è già un vantaggio in fase di modifica della sospensione. Il vantaggio della struttura disegnata da Walter oltre alla “modularità” e alla sua adattabilità, è quello di separare la funzione ammortizzante da quella sterzante. Il manubrio è montato sulla “testa” del parallelogramma, mentre un ammortizzatore “mono” è disposto quasi orizzontalmente nel punto in cui di solito si trova il cannotto. Lo schema a parallelogramma scelto da Walter consente di evitare, come abbiamo visto, la variazione dell’angolo di sterzo, avancorsa, interasse e distribuzione dei pesi. I punti “contrari” sono il peso, gli ingombri, la necessità di realizzare un telaio dedicato, oltre ai possibili costi di produzione. Un fattore, quest’ultimo, che va sempre considerato come parte integrante di un progetto di successo. Tutti aspetti che Walter ha ben bypassato, utilizzando tubi in acciaio al CrMo, dalle ottime caratteristiche meccaniche per telaio e sospensione, e “reinterpretando” l’applicazione di alcuni dettagli cruciali, come sono gli snodi. Studiando la disposizione e i carichi applicati, sono stati scelti dei semplici giunti sferici, in luogo delle costose (ma perfette) unioni tipo Uniball, adottando un sistema che offre la possibilità di variare le geometrie dell’avantreno, grazie a semplici steli filettati.

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