di Nicolò Codognola - 30 March 2017

Video e test della Yamaha scrambler col DNA custom

Prova Yamaha SCR950 2017: pregi e difetti dell’ultima nata della famiglia Sport Heritage di Iwata (c'è il video). L’abbiamo guidata in Sardegna, sia su strada che sullo sterrato. Ecco le impressioni in sella (come cambia dalla custom da cui deriva?) e le foto del test

Cresce la gamma Sport Heritage di Yamaha

Metamorfosi incompleta

La posizione in sella è di pieno controllo, con il manubrio ampio e alto, la sella piatta che consente facili spostamenti longitudinali, più distante dal suolo rispetto alla custom da cui deriva, ma non troppo da mettere in difficoltà chi non ha gambe lunghe. Peccato per le pedane, arretrate e rialzate rispetto alla cruiser XV950, ma ancora molto larghe. In più, il comfort è in parte limitato dalla sporgenza dell’air box, contro cui urta il ginocchio destro, e dall’ingombro della testata del cilindro posteriore, che lambisce il polpaccio sinistro. Nella guida in piedi tipica del fuoristrada, poi, si sente la mancanza di un serbatoio da stringere tra le gambe, perché quello della SCR mantiene la forma a goccia di quello della XV950.

Facile divertirsi tra le curve

Tuttavia si lascia condurre con facilità, questa insolita scrambler. Il baricentro è davvero bassissimo e tra le curve si butta di qua e di là con una immediatezza disarmante. Se nelle manovre da fermo si avverte il peso non proprio piuma, una volta in movimento si porta a spasso senza pensieri. Non ci sono controlli elettronici a regolare la gestione della potenza ma, finché l’asfalto è bello rugoso come quello della Sardegna, non se ne avverte il bisogno. L’erogazione è morbida e progressiva, corposa ed elastica sin dai più bassi regimi. Il V-twin giapponese non ha un allungo strepitoso, ma sufficiente a spingerti da una curva all’altra senza usare troppo il cambio. E il sound è coinvolgente e gutturale, mai arrogante né fastidioso.

Addio, "piolini"...

Peccato per la luce a terra, migliore di quella della XV950, ma ancora scarsa. In un giro di 100 km circa, ricco di curve come la testa di Shirley Temple lo era di boccoli, abbiamo limato sull’asfalto entrambi i “piolini”, arrivando addirittura a strisciare il supporto pedana destro, più basso e largo per via del passaggio del collettore su quel lato.

Ottima in frenata, con l'offroad meglio non nesagerare

Fuoristrada? La stradina bianca la affronta, ma già su buche profonde pochi centimetri o sassi pronunciati, le sospensioni vanno a fondo corsa e il telaio “tocca sotto”. Ottima infine la frenata, pronta e ben dosabile all’anteriore. Dietro è un po’ più blanda, ma anche così l’abbiamo apprezzata: c’è quello che serve per correggere la traiettoria in curva e non troppa veemenza da bloccare in offroad. Anche perché l’ABS, mai invasivo, non è escludibile e il suo intervento, su sterrato, non è gradito.

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