a cura della redazione - 30 January 2017

Gemelle diverse

Prova comparativa MV Agusta Brutale 800 vs Yamaha XSR900: pregi e difetti delle naked tricilindriche di Schiranna e Iwata. Nude e veloci, ma anche nuove, tecnologiche e modaiole. Una è un’icona di stile e sportività, l’altra punta sul look retrò e sul prezzo competitivo; ma sono entrambe invitanti per chi cerca una moto diversa dal solito, personale e gustosa

è l'ora del "tre"

il triple secondo Schiranna e Iwata

Le protagoniste della nostra comparativa sono MV Agusta Brutale 800 EAS ABS e Yamaha SXR900, moto di cui abbiamo già parlato in altre occasioni, descrivendone la tecnica e le principali caratteristiche e dotazioni. Cliccate sui link precedenti per ripassare gli argomenti e rivedere le gallery, mentre i prossimi vi portano alle ultime e - ciascuna a modo suo - cattive versioni delle naked italiana e giapponese). Ora passiamo alla… sostanza, il confronto diretto tra due moto parecchio simili, non potrebbero essere più diverse (qui le foto della comparativa). 

Obiettivo comune

Certo: siamo convinti che le tricilindriche di Schiranna e Iwata condividano più di quello che suggerisce il loro aspetto. È vero, la XSR ha un look ispirato al passato, l’altra è quel concentrato di grinta e dettagli ricercati e soluzioni “racing” che da molti anni prende il nome di Brutale. Ma in fin dei conti sono due sportive che, pur in modo diverso, amano farsi guardare. Non compri una di queste due se sei un timido. Entrambe hanno una ciclistica che promette molto, ed entrambe hanno un “corredo” di aiuti elettronici di un certo livello. ABS, mappature, controlli di trazione regolabili - la MV ha in più il quickshifter che funziona anche in scalata. Soprattutto, condividono architettura e… attitudine del motore. Parliamo di due “triple” ad alte prestazioni che hanno potenza e coppia massime simili, gestione dell’acceleratore ride-by-wire, frizione antisaltellamento, dimensioni compatte e peso contenuto. Le stesse misure vitali sono simili: l’italiana ha un alesaggio di 79 mm, la “jap” di 78 (con qualche millimetro in più di corsa).
C’è però una cosa che il mondo del motociclismo non perde occasione per ricordare, grazie al cielo, ed è che i numeri sono numeri e le moto sono moto. E mai distinzione è stata evidente come nel caso di queste due nude, che beatamente indifferenti a dati che le vorrebbero almeno simili, una volta accese non potrebbero essere più diverse. Sorprendentemente, a partire dai motori.

Secondo il banco del nostro Centro Prove, il tre cilindri Yamaha è superiore lungo tutto l'arco di erogazione, in una misura forse maggiore di quella giustificabile col piccolo vantaggio di cilidrata (circa 50 cc). Perché se è vero che ai regimi intermedi le curve sono abbastanza vicine, lo è anche che ai bassi e agli alti la differenza è piuttosto marcata: prima dei 5.000 giri/min la XSR dispone anche di 1,5 kgm in più, e a partire dai 7.000 giri/min il gap di potenza va incrementando fino a una differenza di 7 CV alla ruota. E infatti, su strada…

Wolverine alla lombarda

Difficile immaginarsi tanta differenza tra due motori così simili nella cilindrata e nei propositi. Eppure, quello che scopri su un bel misto, è che tra queste due naked è come se ci fossero… un paio di cilindri di differenza. L’800 della Brutale, per esempio, ricorda un potente quattro in linea. Immagina: esci da una curva con una marcia lunga e dai tutto gas. In virtù del famoso “la coppia di un bicilindrico e l’allungo bla bla bla” ti aspetti una bella schiena; una spinta decisa che ti fa guadagnare rapidamente velocità. E invece no. Quella che arriva è una progressione fluida e gentile che, senza particolare entusiasmo, ti accompagna verso i medi regimi. È qui che la Brutale inizia a farsi più grintosa. Il tre in linea che si schiarisce la voce ti fa pensare a Wolverine (l’eroe dei fumetti Marvel) che, pronto a colpire, fa spuntare le sue unghione metalliche dalle nocche, e infatti, superata la metà del contagiri con una progressione finalmente grintosa, la spinta si incattivisce per davvero. Gli ultimi quattro-cinquemila giri sono un frappé di urla animalesche e badilate di cavalli che fanno l’effetto dell’energy drink più potente al mondo, entrandoti in circolo, creando dipendenza, e sparandoti a una velocità non meglio precisata verso la curva successiva. Dalla quale, vista l’esperienza, vorrai di certo uscire con la marcia giusta. 

Rifacciamolo, stavolta alla giapponese

Ora fai un rewind e immagina di fare lo stesso con la XSR: esci dalla curva, la quinta inserita, il motore poco sopra il minimo, e dai gas. Nemmeno il tempo di pensare “chissà cosa succe…” che il tre in linea “jap” ha iniziato a pompare carriolate di Newtonmetri sull’asfalto con muscoli bicilindrici, obbligando il tachimetro digitale a un duro lavoro per tenere dietro alla rapidità della progressione. È questo che ti aspetti da un triple. E non è che poi manchi la cattiveria. Ai medi devi aggrapparti al manubrio, e tira una marcia qualunque e vedrai il mondo sfumare ai tuoi fianchi, mentre un fiume tumultuoso di spinta ti travolge senza tregua. Insomma: che tu voglia usare il cambio per tenere il motore su di giri, o mettere una marcia lunga e concentrarti solo sulle traiettorie, scommettiamo che, prima o dopo, ti ritroverai a pensare di avere tra le gambe un motore semplicemente perfetto?

diversa risposta, diverso gusto

C’è dell’altro a sottolineare la differenza tra i due tricilindrici. Quello Yamaha per esempio ha una connessione molto naturale tra comando del gas e risposta del motore, mentre quello MV, come ripetiamo ormai da anni, un po’ meno. Quando con lei si guida spediti, e in particolare quando si riprende in mano il gas a centro curva, si nota un minimo ritardo - una frazione di tempo appena percettibile - nella risposata del motore. La spinta inoltre arriva in modo (leggermente) più deciso del previsto, quale che siano la mappatura o la risposta al gas impostati - tutti parametri che MV dà la possibilità di scegliere. Peccato perché una miglior connessione tra acceleratore e risposta del motore - è quasi inutile dirlo - andrebbe a vantaggio di un’esperienza di guida già molto gustosa. 
 

Troppa grazia

Non pensate più alla mano, ma ricordatevi del piede

una nuda da guidare col coltello tra i denti

Ma se anche Brutale e XSR avessero lo stesso identico motore sarebbero comunque molto diverse da guidare, pur - e qui aspettate ad assumere un’espressione interrogativa - portando a termine la stessa missione: divertire tra le curve. Tra le due, come indovinerete facilmente, la più sportiva nel senso stretto del termine è la MV. Sella dura e sottile, vita snella, pedane alte e arretrate, manubrio basso che invita a caricare peso sull’avantreno - e sui polsi, a dire il vero - sospensioni sostenute. Dire sia poco confortevole è scontato, ma datele una strada liscia come la pelle di un bambino e vi farà innamorare con una ciclistica svelta, precisa e in grado di girare sempre “stretta”, coadiuvata dalle valide Pirelli Diablo Rosso III di serie. La Brutale non è una moto con cui indugi in pieghe morbide e traiettorie tondeggianti, mentre ti guardi in giro spensierato; è una nuda da guidare col coltello tra i denti, sfruttando la sua grandissima agilità per entrare in curva forte, piegare in un battito di ciglia e all'istante rialzarsi pronti a cambiare direzione con uno scatto fulmineo - l'albero motore controrotante, il cui monento di inerzia si sottrae a quello delle ruote, ha l'effetto di una bacchetta magica che toglie 30 kg alla moto. E potrebbe essere persino più gratificante, con freni migliori. Un impianto anteriore altrettanto potente ma meno spugnoso permetterebbe di gestire con più precisione il mordente quando si frena fin dentro la curva - sapete quanto sia importante quando si guida di buon passo -; l’impianto posteriore invece è poco potente, e non aiuta quanto vorresti a rallentare la moto né a correggere la traiettoria se sei un po’ “largo”. 

comoda ma non “dondolona”

Scendere dalla Brutale e salire sulla XSR è come togliersi gli scarponi da sci e indossare i moon boot: diventa tutto così morbido e rilassante! La posizione in sella è naturale e azzeccata (salvo per la forma poco ergonomica degli svasi per le gambe del serbatoio), la sella è soffice, le sospensioni sono confortevoli. Starete già immaginando una moto comoda e “dondolona”, e invece è vera solo la prima. Basta infatti chiudere di un giro l’estensione del monoammortizzatore e di mezzo giro quella della forcella per ritrovarsi tra le mani una nuda sincera in inserimento e stabile anche nella percorrenza delle curve più veloci - dove invece, col setting standard, il “mono” tende a “pompare”. 

quella che vuole la perfezione e quella ideale per il mondo reale

Certo: abitaste in un luogo paradisiaco, circondato da centinaia di chilometri di strade invitanti e perfettamente asfaltate, la Brutale sarebbe la scelta più divertente, o perlomeno la più veloce - se vi piace impennare, meglio la XSR. Ma se invece abitate nel mondo reale, vi interesserà sapere che su una strada appena meno che perfetta la “jap” è un cliente duro per l’italiana. Intanto perché, come dicevamo, in senso assoluto si guida molto bene. La ciclistica è equilibrata, il feeling sempre buono, l’avantreno saldo, la luce a terra più che sufficiente, i freni potenti e ben modulabili, le Bridgestone S20 sono ottime. E poi perché le sue sospensioni, meno sostenute, restituiscono una buona confidenza - e quindi un’esperienza di guida coinvolgente - anche dove la strada non è un biliardo. L’unico appunto che le si può fare riguarda la maneggevolezza. Nonostante pesi come la Brutale (tra le due "ballano" pochi etti), e pur con quote ciclistiche simili, non c'è verso di scendere in piega e cambiare direzione con la reattività dell'italiana, e anche saltando da un lato all'altro della sella nel tentativo di velocizzare la manovra, nel confronto vi sentirete un po’ in slowmotion.

MV AGUSTA Brutale 800: IDENTIKIT, PRESTAZIONI RILEVATE, Pregi e difetti

Yamaha XSR900: IDENTIKIT, PRESTAZIONI RILEVATE, Pregi e difetti

dati tecnici

© RIPRODUZIONE RISERVATA