a cura della redazione - 27 January 2017

Il 2T alla resa dei conti

Tecnica: motore due tempi da moto e inquinamento. Il 2T è un motore eccezionale, ma con un difetto oggi imperdonabile: inquina. Ora arrivano i severissimi limiti della Euro 4. Quali soluzioni per non far “morire” un propulsore molto amato dagli appassionati? Se il catalizzatore non basta, serve l’iniezione diretta. I primi tentativi Aprilia, Honda, Peugeot, Piaggio; il lavoro attuale di KTM, Sherco, Ossa; le alternative da mare e neve 

Duro a morire

Pregi e difetti

L’allarme rientra

In Italia l’allarme inquinamento è arrivato nella metà degli anni ‘90, con l’avvento delle Euro 2: rientrare nei nuovi limiti con un motore tradizionale allora sembrava impossibile. E il problema era serio, poiché si vendevano moltissimi cinquantini, ma allora c’erano le risorse, e molte Case iniziarono a sperimentare anche soluzioni complesse, la più interessante era l’iniezione diretta. A livello prototipale sono stati realizzati tante versioni di questo sistema, che però furono presto abbandonate quando si è visto che il problema dei limiti sulle emissioni inquinanti si risolveva, come già detto, semplicemente adottando un catalizzatore. Dal punto di vista tecnico però alcune soluzioni erano molto eleganti e funzionali, ma con un grande difetto: andavano contro il più grande pregio del due tempi, la semplicità. Quindi con l’ovvio aggravio di costi, di produzione, di manutenzione e anche limiti di affidabilità. Tutto perciò è rientrato nella normalità, con gli scarichi catalizzati, fino a quando, a fine ‘90, è arrivato un nuovo allarme: l’Euro 3. Anche qui i progettisti si animarono, ma forti dell’esperienza precedente non ebbero problemi ad affinare i sistemi di catalisi, che permisero di rientrare nei nuovi limiti, se pur con qualche sacrificio nelle prestazioni e nei costi dello scarico, che doveva essere dotato di un catalizzatore più raffinato.

Sempre più difficile

Complicazioni del passato…

Nel passato ci sono stati alcuni esempi di cinquantini con motori a due tempi ad iniezione diretta, il DiTech Aprilia, il TSDI Peugeot e il PureJet Piaggio, oggi abbandonati non solo per i costi ma anche per complicazioni tecniche. Il DiTech è stato il primo ad arrivare nella produzione di serie. Sviluppato in collaborazione con l’australiana Orbital (che già lo utilizzava su motori fuoribordo e in via sperimentale su autovetture), è un sistema molto elegante quanto complicato. Ha due iniettori, uno per l’aria e benzina e uno supplementare per l’aria, che sono alimentati dalle rispettive pompe, piuttosto complesse: quella dell’iniezione, che deve arrivare a lavorare a 7 bar e quella dell’aria, che deve lavorare fino a regimi che arrivano a 12.000 giri. In più c’è il circuito di lubrificazione separato, che ha il vantaggio di non essere a perdere, ma è complicato, avendo una pompa dedicata e dei circuiti che raggiungono i punti esatti da lubrificare. Oggi il DiTech è stato abbandonato, non solo perché troppo delicato e costoso per essere utilizzato su un cinquantino, ma anche il problema delle emissioni si è risolto, come di norma, con un ben più semplice catalizzatore sullo scarico.

Bicilindrico due tempi, 850 cc, 165 CV

Chi potrebbe non vuole

Nel 1995 la Honda si è presentata alla Dakar con la EXP-2, una monocilindrica 2T di 400 cc ad iniezione. Non era diretta, ma il sistema era interessante, poiché in più aveva una valvola sullo scarico che lavorava modulando la parzializzazione in relazione al regime e all’apertura della farfalla (non con la semplice funzione aperta/chiusa). Gestendola così il sistema riusciva a controllare il rapporto di compressione e anche l’accensione, che in determinate condizioni avveniva senza l’innesco della candela, con vantaggi nella propagazione della fiamma e nel controllo della temperatura. Il sistema, insomma, era efficace e ben collaudato (tanto che la moto si classificò quinta col francese Brucy solo perché al pilota fu praticamente chiesto di non esagerare, per non… irritare gli avversari a causa delle prestazioni di una moto prototipo in un’annata in cui alla gara erano teoricamente ammesse solo moto di serie…), fu applicato anche allo scooter Pantheon 125 e 150, ma poi la Honda ha stoppato i progetti dei due tempi per intraprendere la strada del quattro, anche nel cross, nell’enduro, nel trial (oltre che… inventando la MotoGP). Peccato, perché se c'era una Casa che aveva la forza e la tecnologia per sviluppare un 2T di nuova generazione, era proprio la Honda, che con questa scelta sembra proprio aver decretato la fine di questi motori.
Oggi, visti i tempi non molto brillanti in tema di economia e l’orientamento del mercato, è difficile immaginare un’altra Casa motociclistica che si impegni in un nuovo progetto che, oltre al lavoro di messa a punto del sistema di iniezione richiede anche la riprogettazione del motore e della camera di scoppio. Un lavoro cioè lungo e costoso, per poi offrire un motore che potrebbe non essere compreso e apprezzato dal grande pubblico. Peccato, però, una maxi sportiva 2T sarebbe stimolante...

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