a cura della redazione - 11 January 2017

Passo falso

La scrambler d’epoca Laverda Chott, lanciata nel 1974 e provata da Motociclismo. La Casa di Breganze sfrutta il momento d'oro della Regolarità e propone la Chott 250, la sola fuoristrada tutta italiana di grossa cilindrata. Mancherà il successo, per problemi tecnici e per la natura di moto che fa tutto e... niente, mentre gli appassionati chiedono modelli specialistici

La voleva il mercato

Progetto furbo, marketing sbagliato

In Laverda ci si orienta verso una motocicletta di cilindrata importante, prevista dall'inizio sia come 250 che 420 cc, e con caratteristiche particolari che ne facciano un esempio unico nella produzione nazionale, che ancora non va oltre la 175 cc. Non si vuole inoltre 'scontrarsi' con Marchi che da anni si sono specializzate nelle grosse cilindrate da fuoristrada, come ad esempio KTM, Maico, Husqvarna e le spagnole Montesa, Ossa e Bultaco, ma offrire un prodotto da... gentleman rider. Non una moto con cui impegnarsi nelle competizioni ad alto livello, bensì un mezzo poliedrico e raffinato, quasi una Scrambler, ma più comoda e rifinita.
Se però nella mente dei progettisti la nuova moto è ben chiara e delineata nella sua destinazione e fisionomia, ciò proprio non si verifica quando questa viene presentata al Salone di Milano del 1973, e nemmeno quando viene messa in vendita, all'inizio della primavera dell'anno dopo. La pubblicità di Laverda punta a far percepire la Chott come una moto non specialistica ma sempre adatta al fuoristrada, una specie di Scrambler di oggi, o meglio, una monocilindrica da entrofuoristrada. Solo che, forse volendo soggiacere ai desideri del mercato, alcuni concessionari la presentano spingendo troppo sulle sue invece modeste caratteristiche 'offroad' (Car Moto di Milano, uno dei più importanti rappresentanti Laverda, la qualifica ad dirittura come una moto da Cross). Non così invece la nostra rivista, che in un'anteprima pubblicata a pochi giorni della presentazione al Salone di Milano del novembre 1973, scrive: “Per ora è prevista la realizzazione di una sola versione, quella turistico-sportiveggiante. In seguito saranno però molto probabilmente commercializzati dei kit di trasformazione destinati a rendere competitivo il mezzo nelle gare regolaristiche. Non è escluso che la stessa Laverda provveda direttamente a realizzare versioni Regolarità e Cross di queste macchine”.
Anche il nome scelto non aiuta a qualificare bene la nuova Laverda. 'Chott' è infatti il “nome dei bacini poco profondi di acqua salmastra che si formano in ambiente sub-desertico e, quando non alimentati dalle rare precipitazioni, si presentano come conche ricoperte da croste saline. Esso viene usato particolarmente in Algeria e Tunisia (fonte Enciclopedia Treccani)”. 

chiaramente una moto da fuoristrada, ma non certo da competizione

La stranezza del cannotto, il problema all’accensione

Cattiva fama (forse esagerata)

La Chott quindi, pur apprezzata nelle sue belle linee, nonché per essere la prima moto da fuoristrada costruita interamente in Italia con una cilindrata veramente  importante, non trova quel successo che la Casa di Breganze si aspettava. Così anche il prototipo di 420 cc ottenuto aumentando corsa ed alesaggio, esteticamente identico alla Chott 250 ed ormai pronto per entrare in produzione, viene del tutto abbandonato. La Chott 'vivacchia' fino al 1976, sebbene nell'estate del 1975 le venga affiancata la 2T/R (2 Tempi/Regolarità), la versione più specialistica che ne migliora le prestazioni e, si spera, l'affidabilità. Anche esteticamente la 2T/R appare più grintosa, moderna ed in linea con la concorrenza, con la livrea in bianco/rosso ed i parafanghi in materiale plastico. Il motore, passato alla vernice nera, grazie a modifiche al cilindro ed all'aspirazione (carburatore sempre da 32 mm ma con differente taratura, e nuovi pistone, disegno delle luci e dei travasi) esprime 4 CV in più, mentre il cambio ha la prima accorciata per poter meglio aggredire gli ostacoli più impegnativi. Il telaio, ora dipinto in rosso, è rinforzato nei punti critici con ampie piastre, pur mantenendo l'inutile possibilità di variare l'inclinazione dell'angolo di sterzo. Arrivano finalmente gomme tassellate degne di questo nome, e sono eliminati i grossi strumenti stradali, sostituiti da una aggressiva tabella porta numero per scendere in gara. Inspiegabilmente invece non si elimina la batteria, del tutto inutile su una moto che ha velleità competitive nel fuoristrada. La 2T/R purtroppo sconta la fama di inaffidabilità della Chott, che forse con un tantino di esagerazione è ormai diffusa tra gli appassionati di fuoristrada. Inoltre pesa una decina di kg in più rispetto alle concorrenti, e dà l'impressione di essere più voluminosa ed imponente di quanto invece sia in realtà. Delusa anche in questo tentativo di rendere più appetitosa la sua 250 tra i regolaristi, la Laverda decide di  cambiare completamente soggetto varando una nuova linea di motociclette ispirate alle svedesi Husqvarna da Regolarità, dalle quali vengono presi motore e telaio, personalizzando poi la moto con una nuova estetica e componentistica che arriva dal nostro Paese. Anche queste moto, prodotte nelle cilindrate di 125 e 250 cc e sicuramente più idonee al fuoristrada impegnato rispetto alle precedenti, non riusciranno però ad imporsi sul resto della concorrenza, e chiuderanno definitivamente il capitolo Regolarità in casa Laverda.

La prova di Motociclismo

La Chott viene provata a lungo da Motociclismo che ne pubblica il resoconto sul numero di settembre del 1974. Ne rileggiamo i punti più significativi. “La Chott è la prima media cilindrata italiana concepita secondo moderni criteri sia per il fuoristrada turistico (a quello agonistico ci si penserà più avanti...), sia per l'impiego stradale anche in due...notevole l'impiego di materiali speciali per il telaio ed il motore, elementi che vengono così a pesare il 20% in meno di quelli costruiti con i soliti materiali... stupisce però che siano rimasti parafanghi e serbatoio in lamiera d'acciaio, più qualche altro elemento non certo all'insegna della leggerezza...(abbiamo infatti registrato un peso a vuoto di 117 kg). Ottima la finitura: il carter è trattato con tre mani di vernice speciale, e testa-cilindro-scarico con due...la linea della Chott risulta un po' appesantita dalla conformazione del tubo di scarico, dal sellone, e dal carter di protezione per la catena; il grosso motore è sistemato piuttosto in alto...la posizione di guida è comoda e sufficientemente naturale, anche se la sella è discretamente alta da terra...grazie alla doppia accensione l'avviamento è sempre pronto.... Le doti di potenza sono eccellenti e ben distribuite, ma sotto ai 3.000 giri si manifesta qualche tendenza al funzionamento a 4T...buono il cambio, un po' rude negli innesti ma preciso...la frizione resiste a meraviglia, stacca sempre perfettamente, e non si gonfia sotto sforzo...nella guida fuoristrada si evidenzia l'ottima maneggevolezza e la buona distribuzione dei pesi...sul terreno pesante sarebbero tuttavia preferibili coperture tipo Cross anziché quelle tipo Trial con cui viene consegnata la macchina...i freni sono ben dimensionati anche per il fuoristrada veloce, però sull'asfalto mostrano presto segni di affaticamento... buona l'impermeabilità”.

DATI TECNICI (tra parentesi le varianti per 2T/R 250 del 1975)

Motore

  • Tipo: monocilindrico, 2 tempi, cilindro in lega leggera con canna riportata in ghisa e 7 luci, inclinato in avanti di 10°, testa in lega leggera,
  • Raffreddamento: ad aria
  • Alesaggio e corsa: 68x68 mm
  • Cilindrata: 246,95 cc
  • Compressione: 10: 1
  • Potenza max: 26 CV a 7.600 giri (30 CV a 7.400 giri)
  • Accensione: elettronica Bosch, 2 candele Bosch W240T2.
  • Alimentazione: a caduta, miscela olio/ benzina al 5%, Carburatore Dell'Orto PHB32, filtro dell'aria a cartuccia di spugna posto sotto la sella, pulizia ogni 3.000 km
  • Capacità serbatoio carburante: 11 litri compresa riserva di 3 litri
  • Lubrificazione cambio e trasmissione primaria: a sbattimento
  • Capacità della coppa: 1 litro di SAE 20W/50
Trasmissione
  • Primaria: ad ingranaggi a denti dritti, rapporto 1:3,154 (denti 26/82)
  • Finale: a catena con carter ermetico in electron, rapporto 1:2,857 (denti 14/40)
  • Cambio: in blocco a 5 rapporti con ingranaggi ad innesti frontali, comandato da leva singola sulla sinistra.
  • Frizione: a dischi multipli a secco
Ciclistica
  • Telaio: a doppia culla in tubi di acciaio ed elementi di lamiera saldata
  • Cannotto di sterzo: inclinabile su tre posizioni: 25°, 27°30', 30°
  • Sospensioni anteriori: forcella Ceriani con steli da 35 mm di diametro e con 220 cc di olio per gamba
  • Sospensioni posteriori: forcellone oscillante con due ammortizzatori Ceriani teleidraulici regolabili nel precarico molla
  • Cerchi: in lega leggera Borrani, ant WM121, post WM2-18
  • Pneumatici: Metzeler Trial, ant 3,00x21”, post 4,00x18 (Metzeler Six Days)
  • Freni: a tamburo laterale da 180 mm di diametro, larghezza utile pista frenante 25 mm
  • Impianto elettrico: con volano alternatore da 12V-55W, batteria da 12V-6Ah
Dimensioni e peso
  • Lunghezza: 2.086 mm
  • Interasse: 1.398 mm (variabile con le regolazioni del cannotto di sterzo)
  • Larghezza manubrio: 890 mm
  • Altezza sella: 870 mm
  • Altezza pedane: 320 mm
  • Altezza min. da terra: 200 mm
  • Peso a vuoto: 110 (113) kg
Prestazioni rilevate nella prova di Motociclismo
  • Velocità massima: 126,98 km/h
  • Accelerazione: 400 m in 16,762 sec. con uscita a 119,20 km/h
  • Consumo: medio 15 km/litroPeso: a vuoto 117 kg

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