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4 giorni sulle Alpi francesi tra curve e paesaggi da sogno

Poco distante da Torino inizia un tour che, in quattro-cinque comode tappe, porta fino in Provenza o in Costa Azzurra, tra alti passi di montagna, vallate semideserte e paesini pittoreschi. Consigliato sia agli amanti delle curve che ai viaggiatori più tranquilli

4 giorni sulle alpi francesi tra curve e paesaggi da sogno

Ormai l’ho fatto cinque o sei volte questo giro, e lo rifarei altrettante. È troppo bello: vicino (almeno per chi vive a nord-ovest), scenografico, colmo di strade meravigliose (guardate la gallery). Non mi ritengo un grande viaggiatore, tutt’altro, ma ad ogni modo ho visitato diversi posti e avuto la fortuna di vederne parecchi altri; eppure, ogni volta che torno lì, sul versante francese delle Alpi, eccomi a ripetere: wow.

 

GIORNO 1

Pronti allora con carta e penna, perché si parte. La prima indicazione è quella di raggiungere Torino, e da lì Susa seguendo la A32, quella che porta al tunnel del Frejus per intenderci. Neanche il tempo di uscire dall’autostrada e siamo già nel vivo di questo giro che, per i successivi tre (per chi macina tanti km), quattro (per chi non ha voglia si spaccarsi) o cinque giorni (per chi se la prende comoda) ci porterà su e giù per le montagne. Io di solito ce ne metto quattro. Puntiamo il Moncenisio, e con la prima delle infinte belle strade guadagniamo quota, attraversiamo la frontiera (o meglio, quel che resta: il cartello “Francia”) e nel giro di poco ci troviamo ad aver affiancato una diga imponente e ad ammirare un bellissimo lago sotto un cielo che più blu non si può. Certo, se siamo fortunati. Il consiglio ovvio è quello di partire solo se le previsioni danno bel tempo; col brutto non solo ci perderemmo tutti i colori che offrono questi luoghi (il blu del cielo, il verde acqua dei laghi, i verdi di prati e boschi, il caleidoscopio dei fiori) ma prenderemmo anche un gran freddo: coi passi tutti oltre i 2.000 m slm (si arriva anche a 2.800), pure in piena estate si può andare allegramente sotto i 10°C. Che col vento (al Col de l’Iseran tira sempre) sembrano -48°C.

Sfiliamo il lago del Moncenisio e ci tuffiamo con una bella sequenza di tornanti in un pittoresco fondovalle, fino ad arrivare a Lanslebourg. E da qui verso destra, direzione, appunto, Col de l’Iseran. Coi suoi 2.770 m slm il Col de l’Iseran è tra i più alti di quelli che vedremo, e non fa nulla per nasconderlo. Via via che saliamo la vista si fa più maestosa, con la montagna che diventa brulla, rocciosa, aspra. La strada si ritaglia un piccolo spazio tra le rocce, e capita abbastanza spesso dietro le curve cieche di trovarsi a tu per tu con una marmotta che ci guarda scettica. Arriviamo in cima infreddoliti, perché quassù si gela sempre, beviamo qualcosa di caldo, ci facciamo tentare dalle torte ai mirtilli del rifugio, e col fiato corto per la quota ci rimettiamo in marcia. Un’altra planata di tornanti e arriviamo a Val d’Isère, dove ci fermiamo per la notte. Da Susa abbiamo percorso 85 km. Io dormo sempre in campeggio: prima di entrare in paese ce n’è uno sulla sinistra, un bel pratone con docce e servizi curati e profumati. Non ricordo il nome ma non si può sbagliare. Mi piace un sacco ed è piuttosto economico (6-7 euro a testa), ma ad ogni modo gli alberghi non mancano. Se dormite in tenda, ricordatevi che di notte la temperatura può precipitare poco sopra lo zero.

 

GIORNO 2

L’aria fresca e profumata di una mattinata in montagna fa venire una fame che non vi dico, e così andiamo in paese. Lungo la via principale di Val d’Isère, sulla sinistra, c’è una boulangerie con degli invitanti tavolini assolati. Altrettanto invitante è la colazione completa, pain au chocolat, spremuta d’arancia, caffèlatte, pane, burro e marmellate. Solo che costa una fucilata: 11,50 euro. Con la pancia ristorata e il portafoglio alleggerito riprendiamo la marcia. Nel giro di poco siamo a Bourg-Saint-Maurice, dove troviamo le indicazioni per il Cormet de Roseland. Ci allontaniamo così dalla strada principale, lasciandoci quel poco di traffico alle spalle e infilandoci prima in un bel bosco e poi in un fondovalle che ha un che di selvaggio: per diversi chilometri non incontriamo alcuna costruzione, neanche una baita, solo qualche motociclista, qualche auto e qualche ciclista. Le curve si susseguono, l’asfalto è perfetto. Dopo qualche tempo ci si trova ad ammirare dall’alto un lago dal colore unico, verde smeraldo, e la strada che lo abbraccia seguendone le rive ce lo fa godere fino all’ultimo. Poi è la volta di una breve sosta a Beaufort (sì, quello del formaggio) che col suo piccolo e curato centro storico permette di riposare il… retrotreno passeggiando in un bellissimo posto. E perché no, magiare un boccone: l’ora di pranzo è bella che passata. La tappa successiva è Albertville, per il tratto meno memorabile del nostro giro. Ci infiliamo in autostrada seguendo Saint-Jean-de-Maurienne e Frejus e ci spariamo una trasferta di un’oretta fino a Saint-Michel-de-Maurienne, dove lasciamo tre corsie in cambio di una che punta verso il Col du Galibier. La prima parte di questa strada si srotola tra boschi e vallate senza guadagnare quota in modo convinto ma ad ogni modo accompagna tra paesaggi a dir poco piacevoli. La parte più bella inizia però dopo Valloire, quando ci si trova ad arrampicarsi attraversando un paesaggio in cui prati di un verde acceso contrastano con imponenti montagne color ardesia, artigliate sulle sommità da milioni di metri cubi di ghiaccio perenne. La vista dal passo è maestosa, la discesa rapida e non meno bella. È il momento di dirigersi verso Briançon. Dopo una veloce strada di fondovalle si scorge la parte fortificata di questa bella cittadina, un po’ troppo caotica però nei mesi estivi. Scegliamo di attraversarla, anche se meriterebbe una visita, e di puntare il Col d’Izoard. I primi chilometri dopo aver lasciato Briançon sono un invito a delinquere. Non solo c’è il solito asfalto impeccabile, ma il disegno della strada invita letteralmente a piegare e giocare con freni e gas, offrendo una sequenza di curve e controcurve tra gustosi saliscendi che ci dà la carica. Carica di cui non abbiamo bisogno, perché subito dopo torniamo a guadagnare quota immersi in un paesaggio la cui bellezza mutevole colpisce. Le montagne non sono più color ardesia, ma ricordano le tinte rossastre delle Dolomiti al tramonto, e pare quasi di toccarle mentre la strada corre tra i ghiaioni e supera torrenti di alta quota. Coraggio, ci siamo quasi. Superiamo il passo, cambiamo versante e in men che non si dica siamo a Brunissard. Un cartello piccolo, difficile da vedere, ci informa che sulla destra c’è il camping du Planet. Altro campeggio che mi piace un sacco. Distante circa un chilometro dall’abitato, si trova in una pineta delimitata su tre lati dalle pareti di alte montagne. Di notte l’unica luce è quella delle stelle, che ci appaiono luminose e numerose come non mai. Da Val d’Isére abbiamo percorso circa 260 km.

 

GIORNO 3

La strada che da Brunissard ci accompagna mollemente verso Guillestre è quanto mai adatta a godersi una mattinata in mezzo alle montagne. L’aria è fresca, il sole splendente (almeno speriamo), le curve poco impegnative, il panorama dolce. Anche la colazione fatta ad Arvieux, in quella invitante boulangerie che abbiamo visto sulla destra (l’unica in paese) ha contribuito a metterci d’accordo col mondo. Pane, burro e marmellata, assaggiando tra l’altro la marmellata ai lamponi più buona di sempre. Prezzo, sui 5 euro compreso il caffelatte e il succo d’arancia. Così, respirando relax, continuiamo la nostra discesa verso sud. In non molti km seguiamo il corso di un grosso torrente e incontriamo due gole in successione, la prima che attraversiamo dal basso, con le pareti di roccia che ci sovrastano, la seconda dall’alto, occhieggiando timidamente verso il precipizio. A Guillestre seguiamo per il Col du Vars, rendendoci pian piano conto che, anche se ancora lontano, il mare è vicino. Detto così può sembrare strano, ma c’è qualcosa qui ti fa percepire la presenza del Mediterraneo. Sarà l’immaginazione forse. O le montagne che hanno cambiato aspetto, sono meno aguzze, l’aria, che ha un profumo diverso, o la vegetazione, tra cui spuntano i primi pini marittimi. Su al passo, i prati sono verde brillante, il laghetto blu e le mucche pascolano liberamente. Tanto per cambiare, la strada è sinuosa e invitante. Nel giro di un’oretta, forse meno, ci si presenta un’alternativa. Dobbiamo scavalcare le ultime montagne alte che ci separano dall’entroterra della Costa Azzurra e della Provenza. Arrivati a Jausiers possiamo farlo scalando il Col de la Bonette, che come ci ha ricordato più volte Mario Ciaccia e checché ne dicano i francesi non è il passo più alto d’Europa - sebbene coi suoi 2.802 m slm sia… altino; oppure, proseguendo fino a Barcellonette, possiamo optare per Col de la Cayolle. Nel primo caso faremo una strada più larga e più piacevole dal punto di vista puramente della guida, e una volta in cima godremo anche di un paesaggio selvaggio, con montagne a perdita d’occhio. Nel secondo, ci infileremo in una stradina piuttosto intima, non impeccabile come asfalto, che fiancheggia (e attraversa su piccoli ponticelli) un torrente per diversi chilometri, per poi arrampicarsi tra boschi e pendii, immersa nel silenzio e nella quiete di un posto molto poco frequentato. Ad ogni modo, quale che sia la nostra scelta, l’obiettivo seguente è Guillaumes, da cui proseguiremo verso Castellane. Appena fuori Guillaumes iniziano le gole di Daluis: la solita splendida strada sinuosa corre sul fianco di una vallata di roccia rosso-viola. È stupefacente: dovunque guardiamo, tutte le rocce hanno questa tinta così particolare. Impossibile non fermarsi ad ammirare il paesaggio per un po’, la prima volta che ci si passa. Intanto la temperatura è salita di qualche grado, segno che siamo definitivamente lasciati alle spalle le montagne più alte. Rimettendoci in moto ci tocca di guidare sulla milionesima statale da urlo (che noia eh?), che nell’ultimo tratto segue la riva di un grosso e colorato lago balneabile (Lac de Castillon). È un bacino artificiale, originato da una diga sulla quale passa la strada. Obbligatorio fermarsi, guardare giù e farsi venire le vertigini. Ormai siamo arrivati a Castellane, comunque. Io mi fermo sempre al campeggio La Ferme, poco fuori il paese in direzione Escragnolles. Al tramonto, due passi per il bel borgo e una birretta.

Da Brunissard abbiamo percorso circa 200 km. qualche decina in più se siamo passati dal Col de la Bonette.

 

GIORNO 4

Alziamoci di buon’ora perché abbiamo un posto speciale da visitare, e vogliamo averlo tutto per noi. Sono quelle mostruose ferite nella terra che prendono il nome di gole del Verdon (Gorges du Verdon), che raggiungiamo, scusate la ripetizione, percorrendo una bellissima strada. Stiamo guidando immersi in un brullo paesaggio collinare, ammirando da lontano paesini dal sapore provenzale, quando all’improvviso la terra scompare dopo il parapetto. Ci fermiamo, guardiamo al di là del guard-rail e ammiriamo le famose Gole. Manca il fiato, tanto sono profonde. Il mio consiglio è quello di godersele percorrendo la rive gauche (il lato sinistro) fino ad Aiguines, un soleggiato borgo che guarda sul Lac de Saint-Croix. A questo punto, bevendo qualcosa di fresco, bisogna prendere una decisione. La zona è cosparsa di piccoli, meravigliosi paesini provenzali (e indovinate un po’ come sono le strade che li collegano…). Basta prendere una direzione a caso e farsi guidare dai cartelli. Altrettanto però, l’autostrada non è distante, e partendo ora si può tornare in Italia ad un’ora decente.

A voi la scelta…

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